L’Associazione ha portato all’esame del TAR Lazio la questione della legittimità costituzionale delle norme che regolano le modalità di erogazione del TFS nei confronti dei dirigenti collocati a riposo per raggiunti limiti di età, che, come è noto, è dilazionato in 3 anni dal pensionamento.
Il TAR Lazio ha accolto l’istanza dell’Associazione ritenendo che la disciplina che ha progressivamente dilatato i tempi di erogazione delle prestazioni dovute alla cessazione del rapporto di lavoro ha smarrito sia un orizzonte temporale definito che l’iniziale connessione con il consolidamento dei conti pubblici che l’aveva giustificata. Con particolare riferimento al pensionamento per limiti di età, la duplice funzione retributiva e previdenziale delle indennità di fine rapporto, maturate attraverso la prestazione dell’attività lavorativa, rischia di essere compromessa, poiché risulterebbe in contrasto con i princìpi costituzionali che, nel garantire la giusta retribuzione, anche differita, tutelano la dignità della persona umana.
Infatti, le indennità di fine rapporto costituiscono parte del compenso dovuto per il lavoro prestato, la cui corresponsione viene differita – appunto in funzione previdenziale – onde agevolare il superamento delle difficoltà economiche che possono insorgere nel momento in cui viene meno la retribuzione.
L’art. 36 Cost. statuisce che il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla qualità e quantità del suo lavoro ed in ogni caso sufficiente ad assicurare e a sé ed alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa. La retribuzione, pertanto, da una parte, non deve mai perdere il suo collegamento con la prestazione lavorativa svolta e, dall’altro, deve essere adeguata e sufficiente ai sensi dell’art. 36 Cost., avendo a riguardo non solo alla entità della retribuzione, ma anche alla tempestività della sua corresponsione. È infatti evidente che una retribuzione corrisposta con ampio ritardo ha per il lavoratore una utilità inferiore a quella corrisposta tempestivamente. Proprio il carattere di retribuzione differita riconosciuta alle indennità di fine rapporto, comporta la necessità che anche queste ultime debbano essere corrisposte tempestivamente e non possano essere diluite strutturalmente oltre la fuoriuscita dal mondo del lavoro.
Ciò a maggior ragione se si considera che, notoriamente, il lavoratore, sia pubblico che privato, specie se in età avanzata, in molti casi si propone – proprio attraverso l’integrale e immediata percezione di detto trattamento – di recuperare una somma già spesa o in via di erogazione per le principali necessità di vita, ovvero di fronteggiare o adempiere in modo definitivo ad impegni finanziari già assunti, magari da tempo. Inoltre il TAR ha ricordato che la Corte Costituzionale ha più volte affermato il principio per il quale una misura come quella in esame non può riguardare un arco temporale indefinito, ma deve essere giustificato da una crisi contingente e deve atteggiarsi quale misura una tantum. La misura in questione, al contrario, pur legata a una situazione di crisi contingente, non ha una durata prestabilita, ma ha assunto un carattere strutturale e perciò il TAR ha disposto la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.
Roma, 18 maggio 2022
Enzo Marco Letizia