L’art. 14 del d.P.R. n. 395/1995 ha previsto la monetizzazione delle ferie maturate e non godute quando all’atto della cessazione dal servizio il congedo non sia stato fruito per documentate esigenze di servizio.
Successivamente l’art. 18 del d.P.R. n. 254/1999 ha previsto la possibilità della monetizzazione del congedo ordinario e non fruito in caso di decesso, cessazione dal servizio per infermità o dispensa disposta dopo il collocamento in aspettativa per infermità.
Quanto alla possibilità che il diritto alle ferie possa maturare anche durante il periodo di aspettativa per infermità, il Collegio non ignora l’orientamento giurisprudenziale (per la verità
minoritario) di segno contrario al riconoscimento in questione che, sul presupposto che “nel caso di aspettativa per infermità, diritto al congedo ordinario e compenso sostitutivo costituiscono due facce inscindibili di una stessa situazione giuridica per cui al primo in ogni caso si dovrà sostituire il secondo”, ritiene che mentre “l’uno è, in effetti, un diritto incondizionatamente protetto dalla norma costituzionale, salvo che non sia imputabile al dipendente il mancato godimento (art. 36 Cost.), l’altro spetta nei limiti in cui è normativamente riconosciuto, traducendosi in un onere ulteriore per l’Amministrazione”
(Cons. Stato, VI, n. 816/07; n. 1475/07, Cons. Stato, VI, n. 1765 del 2008, n. 3636 e n. 3673 del 2008, n. 339 del 2009).
Tuttavia, ritiene di aderire all’orientamento giurisprudenziale di segno opposto che ha, invece, evidenziato che il diritto del lavoratore alle ferie annuali, tutelato dall’art. 36 della Costituzione, è ricollegabile non solo ad una funzione di corrispettivo dell’attività lavorativa, ma altresì – come riconosciuto dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 616 del 1987 e n. 158 del 2001- al soddisfacimento di esigenze psicologiche fondamentali del lavoratore, il quale – a prescindere dalla effettività della prestazione – mediante le ferie può partecipare più incisivamente alla vita familiare e sociale e può vedersi tutelato il proprio diritto alla salute nell’interesse dello stesso datore di lavoro; da ciò consegue che la maturazione di tale diritto non può essere impedita dalla sospensione del rapporto per malattia del lavoratore e che la stessa autonomia privata, nella determinazione della durata delle ferie ex art. 2109, cpv., del codice civile, trova un limite insuperabile nella necessità di parificare ai periodi di servizio quelli di assenza del lavoratore per malattia (Cass. civ., sez. un., n. 14020/2001).
Tale principio e stato applicato dalla giurisprudenza maggioritaria nel senso che il diritto al compenso sostitutivo delle ferie non godute durante il periodo di aspettativa spetta al lavoratore successivamente dispensato dal servizio (Cons. Stato, VI, n. 6227/2005; n. 2520/2001; idem, V, n.
2568/2005; idem, IV, n. 2964/2005, idem, VI, n.
1765/2008; n. 3637/2008).
Questo orientamento non si fonda sull’art. 18 del D.P.R. n. 254/1999 (sopravvenuto rispetto ai fatti), ma su prevalenti valori anche di rango costituzionale e ciò comporta che il suddetto art. 18 non ha carattere costitutivo del diritto qui invocato, ma è meramente ricognitivo di un principio già esistente, rispetto al quale l’art. 14 del D.P.R. n. 395/1995 costituisce applicazione rispetto al caso della mancata fruizione delle ferie per esigenze di servizio, senza però escludere la monetizzazione in ipotesi quale quella in esame.
Del resto sembra coerente con principi di logica giuridica ed in sintonia con il dettato di cui all’art. 36 Cost. ritenere che allorchè il lavoratore si trovi nell’assoluta impossibilità di godere del periodo di ferie (e la malattia è un fatto impeditivo indipendente dalla volontà del lavoratore), l’eventuale non monetizzazione (disposta a garanzia del
lavoratore) finirebbe per ritorcersi contro lo stesso dipendente, impedendogli anche di ottenere, pur in presenza di una causa non ad esso imputabile, a titolo sostitutivo, il pagamento delle ferie non godute.Quindi, essendo il diritto alle ferie finalizzato non soltanto a permettere al lavoratore il reintegro delle proprie energie psico-fisiche ma anche a consentirgli lo svolgimento di attività di carattere personale, familiare e sociale, il collocamento in aspettativa per infermità – e quindi per fatto a lui non imputabile – oltre ad impedire il godimento delle ferie già maturate (cfr. Corte Cost., 30.11.1987, n. 616, relativa all’ipotesi di malattia insorta durante il periodo di fruizione delle ferie, che ne sospende il decorso), non preclude la maturazione del diritto al congedo ordinario (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 26 maggio1999, n. 670).
Da ciò consegue che la maturazione di tale diritto non può essere impedita dalla sospensione del rapporto per malattia del lavoratore e che la stessa autonomia privata, nella determinazione della durata delle ferie ex art. 2109 c.c., trova un limite insuperabile nella necessità di parificare ai periodi di servizio quelli di assenza del lavoratore per malattia (Cass. civ., sez. un., n. 14020/2001).
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