28-2221258-alfanoAll’espletamento delle funzioni di carattere istituzionale si provvede con personale appartenente ai ruoli dell’Amministrazione della pubblica sicurezza, mentre all’espletamento delle funzioni di carattere amministrativo, contabile e patrimoniale, nonché delle mansioni esecutive non di carattere tecnico ed operative si provvede con personale appartenente ai ruoli della Amministrazione civile dell’interno; così prevede l’art.36, primo comma, parte I, della legge 21 aprile 1981, n.121. La ratio della norma era quella di distinguere, in un contesto unitario , i compiti propri di polizia, affidati al personale appartenente ai ruoli della Polizia di Stato, da quelli di supporto svolti dal personale appartenente ai ruoli civili dell’Interno, garantendo in ogni caso che fossero evitate “turbative alla continuità dei servizi essenziali per la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, ai quali siano preposti o addetti i dipendenti dell’Amministrazione civile”, come espressamente previsto dall’art. 40 della legge 121/81.

Il legislatore dell’epoca aveva ben chiara la necessità di armonizzare due diversi ruoli di personale, il primo, quello di polizia, a cui non è concesso il diritto di sciopero e perciò con un minor potere contrattuale; il secondo, quello civile, che ha la possibilità di scioperare, per cui ha ampie facoltà contrattuali . La delega contenuta nel citato art.40 fu attuata con il decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982, n.340, con il quale si è disciplinato il nuovo ordinamento del personale civile dell’Interno in cui, tra l’altro, si è prevista, nell’ipotesi di sciopero, la presenza di una aliquota di personale addetto a quegli uffici ritenuti essenziali per la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, con le relative conseguenze disciplinari in caso di violazione dell’obbligo di permanenza in ufficio. Si era altresì definito che detto personale, quando le esigenze lo avessero richiesto, era tenuto a rimanere in servizio al pari di quello di pubblica sicurezza. La disciplina differenziata riservata al personale civile in servizio presso il dipartimento della pubblica sicurezza consentì di attribuire allo stesso una speciale indennità, nonché la corresponsione del compenso di lavoro straordinario con le stesse modalità e misure previste per le corrispondenti qualifiche della Polizia di Stato. Si trattava di norme che, nel loro complesso, attuavano l’interconnessione tra i diversi ruoli riuniti in un’unica Amministrazione che oggi sono in parte superate o disarmonizzate.

L’ordinamento del personale dell’Amministrazione civile dell’Interno negli anni si modificò profondamente in relazione all’evolversi della disciplina del pubblico impiego che privatizzò il rapporto. Ne seguì, dunque, la contrattualizzazione del rapporto di lavoro e la valorizzazione dei contratti integrativi che divennero strumenti per promuovere professionalità e produttività. Pertanto, il nuovo ordinamento per il personale civile dell’Interno venne recepito per effetto dell’accordo sottoscritto il 26 febbraio 1998, in base al comma 3, dell’art.1, del contratto collettivo nazionale di lavoro del 16 maggio 1995 del comparto ministeri, il quale disapplicò alcuni articoli del d.p.r. n.340/1982. Con il contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al quadriennio 1998/2001 si riformò l’ordinamento professionale del personale del comparto ministeri. Esso venne inquadrato secondo un sistema di classificazione nel quale le qualifiche funzionali del preesistente ordinamento furono accorpate in tre aree: l’area A, che comprende le posizioni dal primo al terzo livello, l’aera B, che assorbe quelle che vanno dal quarto al sesto livello e l’area C, che riassume le posizioni dal settimo al nono livello. Il nuovo ordinamento previde, inoltre, un meccanismo di progressione verticale – denominato “riqualificazione” – interno al sistema stesso di classificazione, che consente il passaggio da una posizione economica ad un’altra superiore della medesima area funzionale, ovvero il passaggio da un’area funzionale ad una superiore. Il citato processo di riqualificazione è intervenuto in un contesto nel quale, per effetto della privatizzazione del rapporto di lavoro, era già venuto meno il quadro sostanzialmente allineato tra il personale dell’Amministrazione civile dell’Interno e quello della Polizia di Stato, con particolare riferimento alle qualifiche ed ai corrispondenti livelli, sul quale furono impostate le previsioni sull’ordinamento del personale di cui agli art.36 della legge n.121/1981 e del d.p.r. n.335/1982 e del d.p.r. n.340/1982.

Al mutamento ordinamentale del personale civile dell’Interno, tuttavia, non fece seguito una razionale modifica dei ruoli e delle carriere del personale della Polizia di Stato. Eppure, con la legge 24 dicembre 2003 n.350, furono stanziati fondi per il riordino del personale non direttivo e non dirigente delle Forze di polizia e delle Forze armate , ma la disposizione programmatica contenuta nella legge finanziaria del 2004, fino ad oggi, non è stata attuata; anzi, i fondi accantonati negli anni con la manovra finanziaria del 2010 furono interamente tagliati per assecondare le esigenze di riduzione della spesa pubblica. L’effetto negativo più rilevante del disallineamento è quello relativo alle gravi difficoltà di procedere all’equiparazione tra il personale civile e quello di polizia attraverso i livelli retributivi funzionali, con ripercussioni sull’organizzazione e sulla preposizione alle articolazioni degli uffici e, perciò, sulla gestione e l’ottimale convivenza delle due componenti, sia negli uffici centrali sia in quelli periferici dell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza. Più stridente è inoltre il disallineamento, che assume la forma di una grave sperequazione, nei confronti dei funzionari del ruolo dei commissari e dei corrispondenti ruoli tecnici e sanitari, che si trovano ad essere ricompresi nella medesima area direttiva, al pari del citato personale riqualificato, nonostante siano previsti, per l’accesso al ruolo, titoli di studio che consentono oggi, nel pubblico impiego, l’accesso diretto alla dirigenza. Si tratta di una situazione oggettivamente censurabile sotto ogni profilo, atteso che, ai sensi del decreto legislativo n.334 del 2000, per l’accesso al ruolo dei commissari e ruoli equiparati sono richiesti il possesso della laurea specialistica quinquennale ed il conseguimento, prima del termine del corso biennale per l’immissione in ruolo, del master universitario di secondo livello. Senza considerare il reale peso delle connesse responsabilità: con tali titoli il funzionario del ruolo dei commissari accede paradossalmente allo stesso livello direttivo dell’area C2 del pubblico impiego, nonostante per quest’ultimo sia sufficiente il semplice possesso della laurea triennale.

Anche in questo caso, il legislatore del 2002 riconobbe l’esigenza di una valorizzazione dirigenziale dei funzionari di polizia nella prospettiva di un più generale riordino della dirigenza del personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile e degli ufficiali di grado corrispondente delle Forze di polizia ad ordinamento militare e delle Forze armate. Ciò in armonia con i trattamenti della dirigenza pubblica e tenuto conto delle disposizioni del decreto legislativo 30 marzo 2001 n.165. Anche questa previsione, fino ad oggi, non è stata attuata, con l’ulteriore paradosso che, nel frattempo, il personale della carriera prefettizia del ministero dell’Interno, con il d. lgs. 19 maggio 2000 n.139 , ha conseguito un profondo riordino giuridico-ordinamentale della carriera, fino ad allora perfettamente speculare a quella dei funzionari di polizia, secondo una scala di qualifiche o gradi posti in progressione di merito e anzianità in due ruoli, uno direttivo e l’altro dirigenziale, nei quali l’avanzamento è subordinato alla presenza di posti disponibili nel grado superiore. Con il citato decreto legislativo scompare, per i soli prefettizi, la dicotomia fra direttivi e dirigenti, mentre viene sottolineata la condivisione di funzioni definite per tutti come dirigenziali .

Il quadro di riferimento originario della legge n. 121/81 è radicalmente cambiato, tanto che il d.p.r. n.340/82, che regolava l’ordinamento del personale civile dell’Interno, compreso quello prefettizio, è stato abrogato dall’art.7 del d.p.r. 7 settembre 2001, n.398, allorquando si è regolamentata l’organizzazione degli uffici centrali di livello dirigenziale generale del ministero dell’Interno. Gli equilibri organizzativi della legge di riforma della Polizia sono stati alterati.

Per quanto sopra esposto è necessario ed urgente, nell’ottica di un rilancio funzionale ed organizzativo, anche in tempo di crisi, avviare rapidamente, già dalla prossima legge di stabilità, sia la riforma della carriera dei funzionari di polizia, in senso unitario e dirigenziale sia il riordino degli altri ruoli della Polizia di Stato scommettendo sul futuro. Del resto, per il riordino delle Carriere, la vigente normativa non richiede che i fondi necessarie che per la copertura dei maggiori oneri siano individuati da subito. Infatti, l’art. 17, comma 2 della Legge 196/09 stabilisce che la quantificazione delle risorse potrà essere “effettuata al momento dell’adozione dei singoli decreti legislativi” che entreranno in vigore all’atto dello stanziamento delle relative risorse finanziarie.

Ci attendiamo che questo Governo sia finalmente disposto ad onorare una promessa finora disattesa.

Roma, 7 ottobre 2013

Enzo Marco Letizia

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