Signor Capo della Polizia,
gli eventi che hanno caratterizzato la giornata romana del 14 dicembre hanno messo in evidenza l’inadeguatezza delle dotazioni e delle tecnologie a disposizione del personale che si riverrbera sull’organizzazione dei servizi limitandone l’efficacia, quali rappresentanti di un’Associazione di professionisti della sicurezza, i Funzionari della Polizia di Stato, ci sentiamo tenuti a rappresentarle.
Per affrontare, se non in sicurezza, in un’accettabile cornice di rischio le azioni di guerriglia poste in essere da degli autentici criminali non bastano più la sola professionalità, il coraggio, la dedizione al servizio e l’equilibrio dei colleghi Funzionari e del personale tutto.
Sostanzialmente gli equipaggiamenti e le tecnologie sono ancora quelli di trent’anni fa.
Nel primo contatto ravvicinato con le frange più estremiste, avvenuto in via degli Astalli alle ore 12,30 circa di martedì, ben 5 dei 10 scudi a disposizione delle due squadre dell’Arma dei Carabinieri, utilizzati a protezione del nucleo incaricato del blocco della via operato anche con i furgoni, sono andati immediatamente in frantumi.
I colpi delle spranghe di ferro e dei Nunchaku (arma orientale che abbiamo visto impiegata nei disordini) hanno avuto immediatamente ragione di materiali obsoleti e non più adatti ad offrire efficace protezione agli uomini.
I lacrimogeni, sparati con i lanciagranate da 40 mm, si sono rilevati inefficienti e c’è da chiedersi chi sia il responsabile del loro acquisto, oltre che delle caratteristiche tecniche possedute dalla munizione.
I manifestanti “di professione” ormai sanno bene che essi si accendono 3-4 secondi dopo essere giunti a terra e, quindi, hanno tutto il tempo di raccoglierli e rigettarli contro le Forze dell’Ordine, cosa puntualmente verificatasi sia in via degli Astalli che a p.le Flaminio. Inoltre, in certe situazioni ambientali, quali potevano essere gli scenari di piazza del Popolo o di piazzale Flaminio, ovvero spazi ampi e ben ventilati, l’esigua carica di gas contenuta nella granata da 40 mm dei lanciatori in dotazione, ha dimostrato tutta la propria inefficacia. Ai manifestanti bastava spostarsi di pochi metri per sottrarsi all’effetto del gas, mentre il personale delle FF.OO. posizionato a presidio dei varchi contro il quale le granate venivano rilanciate, non potendosi allontanare dagli stessi, ne subiva tutti i deleteri effetti.
Erano molto più efficaci, se opportunamente utilizzati, i vecchi artifizi lacrimogeni impiegati fino agli anni ’90, applicati ai lanciagranate dei moschetti 91 che, dopo l’acquisto dei lanciagranate da 40 mm, speriamo proprio non siano stati tutti smaltiti e rottamati e che – benché vetusti – possano rientrare in servizio se l’Amministrazione non sarà capace di trovare una soluzione ai problemi prospettati.
Sarà per l’inutilità dello strumento che molte squadre dell’Arma dei Carabinieri si sono presentate in servizio senza avere alcun lancia lacrimogeni in dotazione e, le poche che li avevano, disponevano di sole 5 granate in dotazione per ogni singolo lanciatore?
È così che il nucleo mobile dell’Arma inviato a fronteggiare la criticità in via degli Astalli non aveva con se lanciagranate, mentre la squadra posta a presidio dello sbarramento, dopo soli pochi minuti di scontri aveva già esaurito le proprie. Ma forse, come detto, è stato meglio così, vista l’assoluta inefficacia del binomio arma-munizione.
Contro il personale preposto alla chiusura dei varchi di accesso alle vie strategiche della città, inoltre, sono stati lanciati numerosissimi petardi dal forte potenziale esplosivo. Non tutti erano di fabbricazione artigianale, anzi l’esperienza insegna che è vero l’esatto contrario.
Denunziamo, in primo luogo, la tolleranza del Ministero dell’Interno che, di fatto, consente l’immissione sul mercato di prodotti esplodenti “a terra” d’elevato potenziale, veri e propri potentissimi flash-bang, che non hanno alcuna ragion d’essere nel mercato della pirotecnia professionale e men che meno in quello del largo consumo. Occorre rendere fuori legge, una volta per sempre, questi prodotti come cancellare le recenti norme che hanno banalizzato l’illecita detenzione di materiale pirotecnico.
Anche questi episodi, tuttavia, hanno evidenziato carenze in fatto di dotazioni di protezione: il personale posto a presidio di punti strategici, viene a trovarsi nell’impossibilità di allontanarsi dal punto dell’imminente esplosione; indossando il casco (che non offre sufficiente protezione dal rumore), inoltre, non può neanche ripararsi le orecchie con le mani. Gli operatori sono, quindi, esposti al pericolo concreto di gravi danni ai timpani. E non solo. Alcuni ordigni proiettano frammenti di cartone che, all’atto dell’esplosione, possono essere proiettati ad alta velocità e colpire agli occhi i poliziotti, con il rischio di compromettere permanentemente la vista.
In questi frangenti, sarebbe necessario poter disporre anche di apposite pinze con le quali raccogliere gli ordigni per gettarli lontano prima che esplodano, oppure di “campane” di contenimento per attutire l’onda d’urto dell’esplosione.
Dobbiamo, poi, rimarcare che, nelle fasi più concitate dei servizi del 14, le comunicazioni radio sono diventate frammentarie o inesistenti, specie per chi era in possesso di apparati radio portatili.
Le radio portatili in dotazione della Polizia di Stato sono, per lo più, di tecnologia obsoleta: sono graningombranti e pesanti, rappresentano un serio ostacolo per chi deve intervenire in una fase di scontro. Difatti, se tenute in mano, impediscono la piena libertà di movimento, mentre, se portate a tracolla con lo spallaccio in dotazione, in caso di colluttazione, possono trasformarsi in facile appiglio e, dunque, in un vantaggio per l’aggressore.
Inoltre, il pulsante con il quale si attiva la trasmissione risulta troppo “a filo” con la struttura ed è duro da spingere; in giornate fredde come è stata quella di martedì, chi indossa dei guanti fa fatica ad azionare il predetto pulsante e, per questo, molte trasmissioni giungono solo a tratti. Le stesse difficoltà le incontra chi cerca di comunicare via radio mentre sta correndo.
Dotate di batterie grandi e pesanti, ma dalla ridotta autonomia, quando i servizi si protraggono a lungo, nei momenti salienti la batteria è ormai scarica e il personale non è in grado di comunicare alcunché. Ne sanno qualcosa i poliziotti di quartiere ed i colleghi della Polizia Ferroviaria, che le usano tutti i giorni e che, dopo tre sole ore di “uso normale”, sono costretti a ricorrere al loro telefonino personale per parlare con la sala operativa.
Ogni operatore esperto sa bene di dover portare con se almeno una batteria di riserva, ma non sempre esse sono disponibili (la vetustà ha messo fuori gioco molte “batterie di riserva” e le Zone TLC dicono di non poterle sostituire). Viste, comunque, le loro dimensioni, il peso e la scarsa affidabilità, il loro destino, quando esse siano disponibili, è quello di giacere sui mezzi.
Mentre attendiamo che la rete TETRA, tecnologia anch’essa ormai superata e sulla quale l’Amministrazione ha “buttato” ingentissime risorse, diventi attualità, ricordiamo che oggi la moderna tecnologia nel campo delle comunicazioni ha sviluppato apparati radio portatili con grande portata di trasmissione, batterie al litio con oltre 18 ore di autonomia, dalle dimensioni di un telefono cellulare ed a costi quasi irrisori (sul mercato civile apparati di questo tipo costano mediamente poche decine di Euro).
Se poi si potesse riuscire, con sistemi selettivi, a chiamarsi tra componenti di una stessa squadra e tra squadre e, soprattutto, se il personale delle Forze dell’Ordine fosse dotato tutto di medesime frequenze radio, per evitare incresciosi fraintendimenti, si riuscirebbe a lavorare davvero meglio.
Arrivati, comunque, all’inevitabile scontro fisico con i manifestanti, a piazza del Popolo, il personale in servizio era già stremato dalle sette ore di attività che aveva alle spalle.
Su questo oggi incide in misura determinante l’elevata età media di noi Funzionari e dei nostri dipendenti.
Fino a qualche anno fa, i nostri Reparti Mobili erano composti da giovani agenti ausiliari, forti dell’esuberanza e della prestanza fisica dei loro 20 anni. Attualmente, nei Reparti Mobili (ma in tutti gli uffici in genere) si vedono solo Assistenti o Assistenti Capo e l’età media del personale supera, comunque, abbondantemente i quarant’anni. Con 20 anni di anzianità si vanta maggiore esperienza professionale, ma anche qualche acciacco che toglie riflessi ed energia. Discopatie, artrosi e problemi vari alle articolazioni, oltre che altre malattie per le quali è spesso riconosciuta la causa di servizio, sono un limite oggettivo, umano, frutto di una politica del reclutamento e del turn over che, per tutte le qualifiche, si è dimostrata fallimentare.
Con questo personale a disposizione, quindi, è doveroso rivedere e rimodellare il nostro modo di intendere l’ordine pubblico. A piazza del Popolo, dopo un’ora ininterrotta di cariche contro i facinorosi, le squadre erano stremate, stanche per un servizio troppo gravoso per l’anzianità di chi le componeva; anche noi funzionari, dal punto di vista anagrafico, non abbiamo potuto dimostrare di essere dei baldanzosi giovincelli.
All’insufficiente prestanza fisica si è aggiunta, come detto, la totale inefficacia degli strumenti di protezione: gli sfollagente in gomma sono del tutto inutili a proteggersi dai colpi di bastone o di vanga portati dagli assalitori i quali, vestiti con pesanti giacconi muniti di caschi protettivi, certo in alcun modo possono essere intimoriti da questi “arnesi” che ancora si definiscono “armi di reparto”.
Diciamoci la verità: i nostri sfollagente di gomma non solo non sortiscono alcun effetto deterrente, ma soprattutto sono del tutto inadatti a proteggere il personale dai colpi di bastone o di spranga vibrati dai teppisti in quella ed in altre occasioni.
La manifestazione di martedì, da quanto si apprende dai giornali e secondo quanto denunziato dalle Associazioni di categoria, ha prodotto circa 20 milioni di Euro di danni; se poi dovessimo aggiungere anche il costo delle giornate lavorative perse da tutto il personale rimasto ferito e e quello degli indennizzi che l’Amministrazione dovrà risarcire a chi ha riportato le lesioni più gravi, se ne ricaverebbe una cifra decisamente più elevata.
Dopo Genova e dopo le centinaia di pesanti servizi presso gli impianti sportivi, occorre investire almeno una simile cifra per aggiornare e potenziare i materiali e le protezioni in dotazione alle FF.PP. Crediamo, comunque, che sia giunto il momento di adeguare le dotazioni della Polizia di Stato (le più vetuste in assoluto in Italia) se non a quelle già da tempo in uso presso le polizie degli altri Paesi europei, almeno a quelle dei Carabinieri.
Pensiamo allora, all’uso dei carri idranti nelle manifestazioni di piazza, ideali per disperdere le masse senza arrecare loro danni fisici. Dotiamo le nostre FF.PP. di scudi realizzati con materiali che siano più moderni di certa vecchia plastica; materiali leggeri ma al tempo stesso più resistenti, quali il Dyneema ed il Kevlar (sono le fibre con cui vengono realizzati i moderni caschi da motociclista ed i giubbotti antiproiettile).
Sostituiamo, almeno per i servizi in inverno, lo sfollagente in gomma con altro di materiale più rigido e pesante; ma soprattutto, affianchiamo ad esso dei moderni erogatori individuali di Oleorisin Capsicum a getto balistico, che consentono di rendere inoffensiva una o più persone contemporaneamente anche da 5-7 metri di distanza. Si tratta di strumenti dal peso e costo contenuto, che potrebbero consentire di fronteggiare molte situazioni di O.P. limitando il contatto fisico tra polizia e dimostranti.
Negli U.S.A., inoltre, molti corpi di polizia usano da anni dei fucili “marcatori”; si tratta di armi ad aria compressa che sparano sfere di plastica contenenti vernice colorata. La polizia “marca” così i soggetti più facinorosi, per poi andarli ad individuare ed arrestare una volta cessata l’emergenza.
Altro forte deterrente contro i manifestanti più facinorosi potrebbe essere rappresentato dall’uso di proiettili di gomma. Se di tipo adeguato e se usati da personale rigorosamente addestrato, essi sono innocui, ma di grande efficacia contro i violenti.
Da diversi anni sono in commercio munizioni calibro 12 con proiettili in gomma “a soffietto”; al momento dell’impatto essi si allargano fino a raggiungere un diametro di diversi centimetri. Deterrenti ma non pericolosi per la vita dell’uomo.
Se a ciò si aggiunge che esse potrebbero essere impiegate in armi in grado di colpire con assoluta precisione un bersaglio a distanze diverse, ma sempre con la stessa energia cinetica, si comprende quanto sia assolutamente anacronistico l’armamento d’ordine pubblico di cui oggi siamo dotati, che spesso costringe gli operatori al drammatico dilemma tra l’inefficacia dello sfollagente e la letalità dell’arma da fuoco.
Infine, va ricordato che i poliziotti francesi sono stati dotati di strumenti moderni come microtelecamere della grandezza di un auricolare, senza fili e con un’autonomia di 3 ore, per documentare interventi di ordine pubblico o altre azioni particolarmente sensibili ed a rischio, al fine sia di evitare riprese parziali o mistificatorie, sia di avere prove inconfutabili per l’Autorità Giudiziaria.
Le microtelecamere, che hanno dei costi contenuti, consentono di contrastare tesi di parte, costruite ad arte con filmati parziali per dimostrare, durante manifestazioni di piazza o altri interventi, che la polizia è violenta: si riprendono le manganellate degli agenti ma non l’intera scena in cui i poliziotti sono vittime di violenze ben più gravi rispetto alla reazione di legittima difesa.
Vorremmo fosse chiaro, eccellenza, che i nostri suggerimenti, lungi dal voler costituire elemento di polemica e senza tema di apparire “impolitici”, sono solo il frutto di riflessioni tecniche largamente condivise dal personale per migliorare l’efficienza e la sicurezza di tutti (anche dei manifestanti) nel duro lavoro dell’ordine pubblico.
Confidiamo, dunque, nella capacità dell’Amministrazione e Sua in particolare, di saper affrontare i problemi “tecnici” con concretezza (magari coinvolgendo nello studio – che speriamo non ricalchi certi sterili precedenti – anche i funzionari tecnici dei relativi settori), con interventi che sappiano restituire agli operatori della Polizia di Stato quella fiducia che, negli ultimi anni, troppe volte è stata messa a dura prova dalle inerzie e dalla mancanza di attenzioni del centro.