49-4immagineIntroduzione al Convegno del Segretario Nazionale Enzo Marco Letizia

Il mantenimento dell’ordine pubblico rappresenta uno dei temi cruciali e più delicati per i Funzionari di Polizia.
Il nostro sistema democratico è attraversato da eventi che colpiscono le coscienze ed accrescono la preoccupazione per un ritorno a tempi passati. Tanto che Claudia Uggeri, terza classe del Liceo Scientifico Augusto Righi afferma: “ho sentito dire a un bambino che aveva paura dei ragni, del buio e dei mostri. Ma è la prima volta che sento dire che ha paura delle persone”. Perciò, il nostro sistema è segnato da un perenne confronto mirato a mettere a punto e praticare strategie e modelli di intervento delle forze di polizia, destinati sia ad assicurare quei capisaldi sui quali si regge l’ordinata e civile convivenza della comunità nazionale oltre che la sicurezza delle Istituzione, dei cittadini e dei loro beni, sia, al contempo, la garanzia del rispetto dei diritti civili dei manifestanti, della libertà di espressione del pensiero, della libertà di riunione e di associarsi.
La volontà di superare questo dualismo per conciliare, alla pari, tutti i diritti si è sempre scontrata con la difficoltà di definire modelli operativi validi, a fronte dell’enorme complessità del fenomeno e delle inevitabili peculiarità insite nei singoli servizi di ordine pubblico.
Basti pensare che, nella medesima nozione, rientrano, ad esempio, manifestazioni di piazza, sgombri di edifici, manifestazioni sportive di vario genere, concerti, volantinaggi, sit-in e cortei.
Perciò, oggi parleremo del successo di una strategia che vale la pena di mutuare fin dove possibile alla variegata casistica dell’ordine pubblico.
Dopo la morte di Ermanno Vincenzi, ucciso in un piccolo campo di provincia e di Filippo Raciti, morto durante i disordini accaduti in occasione del derby siciliano Catania-Palermo, le istituzioni governative e sportive hanno deciso di intraprendere la strada del rigore in una prospettiva di pianificazione di regole, misure e norme sia a livello strutturale che organizzativo attraverso la condivisione delle stesse tra tutti gli attori delle manifestazioni sportive.
Da allora le violenze sono diminuite in modo assai rilevante. Ma al tempo stesso è preoccupante che i protagonisti degli episodi di violenza, siano sempre più giovani, anche minori a volte attratti dai sentimenti dell’intolleranza, del razzismo e della xenofobia. Quindi siamo convinti che non sono sufficienti i deterrenti, non basta il controllo, e non basta nemmeno la repressione.
Come per tutte le manifestazioni di malessere e di scontento, che recano i germi della ribellione violenta e irrazionale, sarebbe miope e limitato pensare che si possa rispondere solo con misure di polizia. Siamo proprio noi a ricordare, che l’ordine pubblico è uno dei pilastri a garanzia della legalità. E che la sicurezza e la legalità sono possibili solo se integrano i contenuti dell’equità, della coesione sociale, della solidarietà.
Allo stadio vanno giovani e ragazzi che vedono la solidità economica, il benessere cui erano abituati, i consumi che pensavano legittimi e i beni che ritenevano intoccabili, minacciati da una crisi che ha investito tutto il mondo. Alcuni di loro sanno che il lavoro dei genitori è ad alto rischio o già conoscono gli effetti devastanti per una famiglia del licenziamento. Che in futuro non potranno godere delle nostre certezze. A volte sono stati quegli stessi giovani e ragazzi, quelli più influenzabili alle ribellioni, a partecipare alle manifestazioni che hanno turbato le nostre città, facendo temere un riaccendersi di estremismi cruenti, timori ben lontani dall’esser fugati. Tutto ciò ha trovato conferma nelle violenze del 15 ottobre a Roma dove si è potuto riscontrare una saldatura fra le curve violente ed i teppisti della manifestazione. Eppure, positivamente, dai giovani viene rivolta alla scuola una pressante domanda di essere aiutati.
La ricerca che arricchisce il volume sulla sicurezza negli stadi oggi prova che i giovani hanno paura e paura di loro stessi, della trasgressione che li tenta, della mancanza di modelli di riferimento sani e persuasivi. Ma evidenzia al tempo stesso il pieno riconoscimento che i ragazzi danno alla scuola ed agli insegnanti, come strumenti del loro futuro a cui rivolgono una domanda semplice e profonda: essere educati alla legalità. La scuola, dunque, conferma di essere strategica non solo per il futuro del paese ma, anche, per la sicurezza e la tenuta della convivenza civile in tempi difficili.
I ragazzi che hanno paura, i ragazzi che si sentono vulnerabili, i ragazzi che rischiano di trasgredire non vanno emarginati, non vanno abbandonati, vanno invece inclusi, protetti e custoditi nelle loro speranze, con la forza dell’integrazione, della ragione e dell’istruzione.
Noi forze dell’ordine come la scuola, siamo stati fortemente penalizzati dalla crisi economica, da tagli e restrizioni, ma la domanda che rivolgiamo alla politica della responsabilità è: quanto costerà al Paese, una polizia indebolita e dei giovani poco istruiti e poco educati alla convivenza civile?
Noi, per quanto ci compete, non intendiamo venir meno alle aspettative dei cittadini e alle speranze dei ragazzi . Ma chiediamo l’impegno di tutti perché nessuno abbia più paura, per dirla, concludendo, con Chichi Patrizio e Sebastiani Giorgio, terza classe Istituto Agrario Emilio Sereni, “boicottiamo la violenza” per riappropriarci del futuro.

Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive

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Si dice che viviamo in un’epoca incerta nella quale il fisiologico epilogo di contenziosi, differenze d’opinione, scontri verbali, discussioni sembra essere la violenza che ha contaminato anche l’ambiente della competizione sportiva, in particolare quella calcistica. Nel calcio la degenerazione del tifo in violenza per molto tempo ha occupato le cronache quotidiane, un bollettino che, in quasi trent’anni, ha contato tra le decine di migliaia di feriti anche ventuno morti a partire da Vincenzo Paparelli, scomparso nel 1979 a Roma.
Nel 2007 le Istituzioni governative e sportive, con la morte di Ermanno Vincenzi in un piccolo campo di provincia e dell’Ispettore Filippo Raciti a Catania, hanno preso atto di una condizione non più tollerabile, decidendo di prendere la via del rigore, in una prospettiva di pianificazione di regole e norme a livello strutturale e organizzativo con la condivisione di tutti gli attori delle manifestazioni sportive.
Da allora gli episodi violenti sono diminuiti per numero ed efferatezza ma, a fronte del decremento degli scontri, gli attori di episodi di violenza calcistica, che spesso assumono i connotati dell’intolleranza e della xenofobia, sono sempre più giovani, anche minori, non appartenenti necessariamente a gruppi organizzati.
Il volume analizza gli aspetti normativi, non solo italiani, legati ai fenomeni di violenza negli stadi ed è arricchito da una ricerca effettuata dalla Facoltà di Psicologia 2 dell’Università “Sapienza”, in collaborazione con il Centro Nazionale di Informazione sulle Manifestazioni Sportive, su di un campione di circa 2.000 studenti delle scuole medie superiori. Dall’indagine è emerso, tra l’altro, che i giovani che si trovano ad assistere a scene di violenza, soprattutto verbali, tendono a non parlarne con nessuno (poliziotti, famigliari, amici) se non a scuola, molto probabilmente trovando nel corpo insegnante l’interlocutore privilegiato. Si conferma, dunque, il ruolo strategico della scuola nella correzione di comportamenti e abitudini trasgressive per la prevenzione della violenza. Se dal lato operativo la violenza negli stadi è stata affrontata con efficienza, grazie a una matura condivisione della sicurezza tra forze di polizia, società sportive, enti locali e associazioni, dall’altro si ha la consapevolezza di vivere un momento storico difficile nel quale il domani è quanto mai incerto per i giovani. Da questo presupposto deve scaturire una ferma volontà di rinascita morale, di conferma della responsabilità comune per riattribuire credibilità ed autorevolezza alle istituzioni ed alla scuola.

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