Oggetto: “Modifiche all’articolo 633 del codice penale e all’articolo 5 del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80, in
materia di occupazione abusiva di immobili”. Atto Camera n. 246 e collegati – Osservazioni -Audizione informale del 17 maggio 2023
Al Signor Presidente
Commissione Giustizia
Ai Signori Deputati componenti la
Commissione Giustizia
Camera dei Deputati
L’Atto Camera n. 246 in materia di occupazione abusive di immobili avente per oggetto la modifica dell’art. 633 del codice penale e dell’art. 5 del decreto- legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80 presenta alcuni profili di criticità in grado di incidere negativamente sull’attività delle Forze di Polizia.
Al riguardo, si richiama l’attenzione sulla lett. b) dell’articolo 1 con cui si prevede che: “Se l’edificio non è rilasciato entro quarantotto ore dalla data di presentazione della querela o dalla scoperta dei fatti di cui al primo comma, l’autorità giudiziaria dispone con proprio provvedimento il rilascio immediato dell’edificio”.
Infatti, tale disposizione lascia del tutto incerta la qualificazione dell’autorità responsabile dell’esecuzione dello sgombero nell’arco di tempo che va dalla presentazione della querela allo scadere delle successive quarantotto ore.
Poiché una volta che l’interessato sporga la querela non è chiaro se il rilascio dell’immobile debba essere effettuato “spontaneamente” dall’occupante o se sia richiesto l’intervento della forza pubblica.
La prima interpretazione non determinerebbe grossi problemi sebbene appaia irrealistica in quanto l’occupante abusivo è assai improbabile che lasci l’immobile per l’effetto deterrente della querela.
Criticità notevoli susciterebbe, invece, se la disposizione fosse intesa ad attribuire alle Forze di Polizia un potere di “intervento immediato”, entro quarantotto ore dalla presentazione della querela, prima che sia investita della questione l’Autorità giudiziaria.
In questo caso la norma, così come formulata, appare in contrasto con la costante giurisprudenza in materia di sgomberi forzosi, che, forte del dettato costituzionale, salvaguarda il ruolo dell’autorità giudiziaria nel meccanismo di accertamento del carattere abusivo dell’occupazione e nel rilascio forzoso dell’immobile.
In merito il Tribunale di Roma con sentenza nr. 21347 del 2017 ha ribadito che “l’intermediazione dell’autorità giudiziaria, a fronte delle modalità, incidenti negativamente sulla libertà altrui, che si rendono necessarie per la liberazione forzosa dell’immobile, costituisce un ineludibile strumento di garanzia di tali libertà”
Sarebbe, quindi, opportuno chiarire, mediante una riformulazione, che la norma con riferimento all’arco temporale delle 48 ore dalla presentazione della querela non attribuisce alcun onere alla polizia giudiziaria, che riceve la denuncia del reato di cui sopra, di procedere a verifiche dei titoli giustificativi del possesso dell’immobile o di accedere all’immobile stesso attraverso l’assenso dell’occupante e con il potere di ordinare l’immediato rilascio dell’immobile nonché la reintegra del legittimo proprietario o detentore nel possesso dell’immobile.
Analoghe criticità pone l’Atto Camera nr. 332, abbinato all’Atto Camera 246, in ragione di una formulazione non chiara del terzo comma dell’art. 1, nella parte in cui prevede che “si procede con ordinanza allo sgombero dell’alloggio”, ma soprattutto pone profili di illegittimità costituzionale il comma quarto dell’articolo in questione, nella parte in cui, in deroga al principio di inviolabilità del domicilio ex art.14 Cost., prevede che “la polizia interviene senza indugio e senza attendere il provvedimento di un giudice”. La stessa formulazione letterale della norma che individua l’autorità amministrativa competente all’esecuzione dello sgombero nella “polizia” appare, inoltre, foriera di dubbi interpretativi, incompatibili con il principio di legalità cui deve essere improntata la fattispecie penale. L’espressione atecnica “polizia”, infatti, non è immediatamente riferibile né all’Amministrazione della Pubblica Sicurezza né all’istituzione Polizia di Stato, lasciando del tutto incerta la qualificazione dell’autorità responsabile dell’esecuzione dello sgombero.
Per quanto riguarda, poi, la proposta contenuta nell’Atto Camera 566 anch’esso abbinato ai disegni di legge in commento, relativa all’introduzione dell’articolo 624 bis del codice penale (occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui) non può condividersi il modello di tutela prospettato, basato, come emerge dalla relazione di presentazione della proposta, sull’introduzione di “un nuovo e specifico reato in base al quale sia attribuito alla polizia giudiziaria il potere di ripristinare immediatamente la situazione quo ante sulla base di allegazioni, accertamenti mirati, risultanze documentali e informazioni sommarie di immediata e agevole reperibilità”. La norma si porrebbe, peraltro, in posizione antitetica con la giurisprudenza costante in materia di sgomberi forzosi e del ruolo dell’autorità giudiziaria nel meccanismo di accertamento del carattere abusivo dell’occupazione e nel rilascio forzoso dell’immobile come detto già evidenziato con riferimento all’Atto Camera 246.
Si esprimono, infatti, forti perplessità sulla formulazione degli artt. 4 e 5 dell’Atto Camera 566, nella parte in cui attribuiscono l’onere alla polizia giudiziaria, che riceve la denuncia del reato di cui sopra, di procedere a verifiche dei titoli giustificativi del possesso dell’immobile, nonché attribuiscono la possibilità di accedere all’immobile stesso con l’assenso dell’occupante e il potere di ordinare l’immediato rilascio dell’immobile nonché la reintegra del legittimo proprietario o detentore nel possesso dell’immobile. Le perplessità sui poteri conferiti alla polizia giudiziaria si connotano, inoltre, di profili di incostituzionalità nell’art. 6 della proposta in esame, laddove è previsto che la polizia giudiziaria possa ordinare il rilascio immediato dell’immobile e la contestuale reintegra del proprietario o detentore legittimo nel possesso dell’immobile medesimo e, peraltro, in caso di mancanza di collaborazione, procedere con la forza. Anche per questa previsione si sollevano dubbi di legittimità costituzionale per violazione della riserva di giurisdizione posta nell’art. 14 della Carta Costituzionale a salvaguardia dell’inviolabilità del domicilio.
Da ultimo giova evidenziare che, dalle attribuzioni configurate in capo agli ufficiali e agenti di polizia giudiziari, deriverebbero oneri oggettivamente insostenibili con le attuali risorse, anche perché non è chiaro se l’ambito di applicazione della proposta sia circoscritto alle mere occupazioni abusive o anche a quelle situazioni di inadempienza contrattuale, in cui l’immissione nel possesso è iniziata sulla base di un titolo valido e prosegue, poi, senza giusto titolo.
Emergerebbero, comunque, una serie di incombenze attribuite alla polizia giudiziaria di accertamento contrattuale della titolarità sull’immobile e di accesso agli immobili occupati che imporrebbero una copertura di spesa per fare fronte alle nuove attribuzioni, proprio in considerazione della diffusione del fenomeno che si intende scoraggiare e rischiando di creare molte criticità negli uffici preposti.
Non può, peraltro, trascurarsi l’ulteriore ricaduta del mancato sgombero di strutture occupate sul Dipartimento della Pubblica Sicurezza, chiamato a risarcire ai proprietari, che non riescono a essere reintegrati nel godimento dei loro beni, il danno derivante dall’impossibilità tecnico operativa di procedere allo sgombero di edifici occupati abusivamente, specie quando si tratti di strutture di grandi dimensioni, occupate da un numero elevato di persone. Sul punto, giova rappresentare che già oggi, in conseguenza di un’interpretazione giurisprudenziale che si basa sull’immedesimazione organica degli operatori delle Forze di polizia, deputati all’esecuzione dello sgombero, con il Ministero dell’Interno, il Dipartimento della Pubblica Sicurezza viene condannato al risarcimento per responsabilità diretta ex art. 2043 cc.
Occorre poi evidenziare che come ha osservato il Consiglio di Stato nella recente sentenza n. 1879/2022 “lo sgombero di un immobile occupato abusivamente afferisce ad un articolato procedimento cui partecipa una pluralità di uffici della pubblica amministrazione, statale, regionale e comunale, per delineare le iniziative ed effettuare gli interventi che si rendono necessari al fine di consentire da una parte che lo sgombero possa avere esecuzione nel rispetto delle condizioni che garantiscano l’ordine e la sicurezza pubblica, dall’altra che siano tutelati i diritti primari delle persone e dei nuclei familiari occupanti abusivi che versano in situazione di accertata fragilità”.
Il Consiglio di Stato riconosce che gli ostacoli che si frappongono all’esecuzione degli sgomberi non riguardano il profilo strettamente tecnico dell’impiego delle Forze di polizia, bensì contestuali indispensabili interventi di assistenza abitativa a cura della Regione e della Città in cui sorge l’immobile dai quali non è possibile prescindere, in favore degli occupanti in condizione di fragilità.
Non sfugge come, secondo le autorevoli argomentazioni del Consiglio di Stato, il complessivo fenomeno delle occupazioni abusive di immobili chiami in causa, necessariamente, concreti profili di competenza del sistema delle Autonomie, Regione e Comune, cui compete assicurare misure di assistenza nei riguardi di particolari categorie di soggetti in posizione di fragilità che molto spesso compongono la “popolazione” degli occupanti abusivi.
Ciò premesso, si ritiene, tuttavia, di condividere l’esigenza di una proposta, che muova dalla rilevazione dei numerosi casi di occupazione abusiva di immobili, temporaneamente disabitati per esigenze di varia natura, che hanno costretto i legittimi proprietari a lunghi iter burocratici per rientrare nella disponibilità del bene.
Da un lato l’allarme sociale per la vicenda di soggetti fragili o anziani, che, allontanandosi da casa, la trovino occupata al loro rientro pone, infatti, l’evidenza di un intervento normativo, che potrebbe essere prospettato con la modifica dell’art. 614 del codice penale, relativo alla violazione di domicilio, portando la proposta nell’inquadramento sistematico dei reati contro l’inviolabilità del domicilio, piuttosto che nel contesto dei reati contro il patrimonio e prevedendo, per l’ipotesi specifica di occupazione abusiva di immobili destinati ad “abitazione principale” o “dimora abituale” dell’avente diritto e dei suoi familiari, sia l’aumento degli attuali parametri edittali per le fattispecie di cui ai primi due commi che, soprattutto (in quanto di maggior impatto sulle attività di polizia giudiziaria), l’obbligatorietà dell’arresto in flagranza di reato, qualora l’occupazione avvenga nei predetti luoghi di dimora abituale o con le modalità “aggravate” di cui al quarto comma dell’art. 614 c.p. (ossia quando il fatto è commesso con violenza su persone o cose o se il colpevole è palesemente armato, cui viene aggiunta l’ipotesi della violazione domiciliare commessa da due o più persone).
Accanto al tema delle occupazioni “singole” non può essere sottaciuto quello delle occupazioni “collettive” di immobili di grande dimensione che oltre alle criticità già evidenziate pongono delicate questioni in tema di ordine pubblico.