175-8capoSignor Capo della Polizia,

più volte abbiamo ritenuto doveroso esprimerLe la gratitudine della nostra Associazione per aver interpretato e testimoniato in tutte le sedi, anche quelle istituzionali, le aspettative, le insoddisfazioni e in certi casi le critiche della nostra categoria. Lei ha più volte sottolineato come la Polizia di Stato sia spesso costretta, suo malgrado e senza concreti riconoscimenti, ad ammortizzare e fronteggiare gli inevitabili effetti di una serie di inadempienze, inazioni e ritardi che si collocano a ben altro livello, spesso nel momento in cui la tensione sociale è ormai giunta a livelli difficilmente, con notevole rischio per la sicurezza degli operatori, dei beni e, in certi casi, della stessa collettività ed inaccettabile deresponsabilizzazione degli interlocutori “naturali” a fronte delle singole problematiche di volta in volta rappresentate. Si tratta di una china della quale tenacemente denunciamo i pericoli, giacché essa rischia di condurre ad una progressiva disaffezione dalla politica e di concorrere alla perdita di autorevolezza delle istituzioni, a livello locale e statale.
Ma spetta a tutti noi e in particolare a tutti gli attori in campo sul fronte della sicurezza e della tutela delle conquiste democratiche che minacciano di essere compromesse e continuamente ostacolate, ridare il giusto risalto alla necessaria assunzione di responsabilità nel governo, nella gestione della cosa pubblica, nella attribuzione delle competenze e dei doveri.
E questo in nome del doveroso ristabilimento di quella ripartizione di compiti e oneri che negli ultimi anni ha finito per penalizzare paradossalmente chi per obbligo, ma anche per spirito di servizio, non poteva permettersi nemmeno le più elementari azioni di salvaguardia della propria identità e dignità professionale.
Proprio a questo proposito vogliamo segnalarLe ciò che sta accadendo in questi giorni in tema di sicurezza su i luoghi di lavoro.
Si tratta del Regolamento recante disposizioni per l’applicazione del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni, in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, nell’ambito delle articolazioni centrali e periferiche della Polizia di Stato, del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, nonché nell’ambito delle strutture destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica del Ministero dell’Interno.
Molte perplessità suscita l’estensione del campo di applicazione della normativa in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro coinvolgendo anche le citate articolazioni centrali e periferiche, senza peraltro procedere alla concreta individuazione di quali siano le “strutture del Ministero dell’Interno destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica”.
La scarsa chiarezza nella definizione normativa va ad incidere direttamente su una materia che rappresenta l’area più critica del provvedimento, ossia quella dell’individuazione dei soggetti cui farebbero capo gli obblighi, le responsabilità civili e penali in materia di sicurezza e di vigilanza e, non ultima, l’adozione di misure speciali, che nell’attuale assetto ricadono sul datore di lavoro.
Come noto, in applicazione del D. Lgs.. 81/08, nelle pubbliche amministrazioni per datore di lavoro si intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione e di spesa. E, a dispetto di un’ormai consolidata giurisprudenza di legittimità, assistiamo già alla discutibile individuazione di figure datoriali prive del potere di spesa, con conseguenti ed altrettanto discutibili responsabilità a carico dei funzionari preposti alla direzione degli Uffici, in genere (anche se non sempre e non necessariamente) di qualifica apicale.
Un datore di lavoro sostanzialmente anomalo proprio perché privo di autonomia di spesa e, dunque, della reale possibilità di provvedere all’adeguamento dei luoghi e delle attrezzature di lavoro alle previsioni della vigente normativa in materia di sicurezza.
Ed ancora, attesa la mancanza di autonomia di spesa, il Funzionario che svolge compiti di datore di lavoro all’interno degli Uffici della Polizia di Stato, generalmente privo – in considerazione della specifica formazione professionale e del titolo di studio posseduto – delle conoscenze specialistiche necessarie all’individuazione delle misure volte a garantire la sicurezza dei luoghi di lavoro, non ha nemmeno la possibilità di ricorrere a consulenti esterni. Esso deve avvalersi di un R.S.P.P. e di Addetti al S.P.P. a loro volta sprovvisti di preparazione specialistica, ai quali viene unicamente garantita la frequenza di un corso interno che, benché certamente utile a fornire un orientamento nella difficile materia di riferimento, non si rivela, però, sufficiente a surrogare quelle conoscenze di carattere tecnico che solo una specifica e mirata formazione è in grado di garantire.
Tutto ciò, per altro, nella totale assenza di qualsivoglia indennità a fronte delle particolari funzioni svolte dal R.S.P.P.
Altro aspetto che suscita qualche perplessità per la sua assoluta indeterminatezza è quello relativo all’elezione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, figura la cui presenza è prevista dall’art. 10 della bozza di Regolamento negli uffici aventi autonomia gestionale. Viene precisato che: “Il rappresentante è unico per tutti i lavoratori, presso le sedi di uffici con autonomia gestionale collocati in infrastrutture comuni”. I rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza sono eletti o designati secondo le modalità previste dalle disposizioni di cui agli articoli 47, 48 e 49 del decreto legislativo n. 81/2008, nel rispetto degli accordi collettivi nazionali di lavoro.
Per la definizione del numero, delle modalità di designazione o di elezione, del tempo di lavoro retribuito e degli strumenti per lo svolgimento delle funzioni, viene fatto rinvio all’applicazione dell’art. 18, co. 3 del D.P.R. n. 395/95, il quale stabilisce, a sua volta, che tali aspetti siano previsti dall’A.N.Q., al pari delle modalità e dei contenuti specifici della formazione del R.L.S.
L’art. 23 dell’A.N.Q. vigente prevede che, entro sei mesi dall’entrata in vigore dell’A.N.Q. medesimo, l’Amministrazione proceda ad avviare il confronto con le OO.SS. maggiormente rappresentative e firmatarie dell’Accordo, per la definizione delle modalità applicative dell’art. 47 del d.lgs. n. 81/2008 (avente ad oggetto, appunto, le modalità di elezione o nomina degli R.L.S., nonché il loro numero minimo a seconda dell’organico delle aziende), subordinandone comunque l’efficacia all’adozione del provvedimento di cui all’art. 3, co. 2 del decreto n. 81 o alla scadenza del relativo termine.
Nelle more, tra l’altro, viene fatta salva l’applicabilità dell’art. 24 del vecchio A.N.Q., cui, in realtà, non è mai stata data attuazione, con conseguente instaurazione di una sorta di regime transitorio (che di transitorio ha avuto ben poco) sulla base del quale ognuna delle OO.SS. maggiormente rappresentative, firmatarie dell’Accordo, ha nominato al proprio interno da un minimo di uno ad un massimo di sei R.L.S., a seconda della consistenza organica dei singoli Uffici (dunque, ad es., non un massimo di tre R.L.S. per gli Uffici con organico compreso tra i 201 e i 1000 dipendenti, ma tre per ciascuna delle OO.SS. maggiormente rappresentative esistenti a livello provinciale…).
È evidente che la norma, così concepita, non mostra di voler in alcun modo rimediare alla paradossale situazione venutasi a creare, lasciando, per altro, ampi spazi all’adozione di soluzioni potenzialmente assai pregiudizievoli sotto il profilo economico ed organizzativo ed eludendo il democratico sistema elettivo da parte dei lavoratori, su una materia centrale quale quella della sicurezza sui luoghi di lavoro.
Le chiediamo, dunque, di interpretare ancora una volta, con l’attento e disponibile impegno che ha sempre mostrato, le legittime perplessità che abbiamo evidenziato (meglio dettagliate nel documento di analisi critica della bozza di Regolamento inviato all’Ufficio Relazioni Sindacali, che alleghiamo in copia), come sempre ispirate dall’intento di contribuire ad assicurare – pur nella dialettica delle rispettive posizioni – un migliore e più efficiente funzionamento delle singole articolazioni della nostra Amministrazione, salvaguardando, però, nel contempo, le esigenze di tutela dei Suoi Funzionari, chiamati assai spesso a sostenere enormi responsabilità in assenza degli strumenti necessari a poterle fronteggiare con la dovuta serenità.

Enzo Marco Letizia

Lettera al Capo della Polizia