Signor Capo della Polizia,
a dare ascolto alle voci che si levano dal territorio sorge il sospetto che ci sia un perverso accanimento nei confronti dei funzionari che sono andati incontro alle esigenze dell’Amministrazione, affrontando un trasferimento e le difficoltà logistiche e familiari che ne derivano, in quanto vengono penalizzati dal disinteresse colpevole riservato loro da certi uffici contabili delle Prefetture e dalle tortuose procedure imposte dalla burocrazia.
Così succede che allo stress del cambiamento si aggiungano altri fattori di carattere organizzativo: il “trasferimento” diventa un accidente che pesa economicamente e psicologicamente sul collega e sui suoi familiari. Gli alloggi di servizio sono privi degli arredi e chi non può permettersi di acquistare mobilia e suppellettili nuovi deve investire di tasca propria in un trasporto di masserizie, in assenza di convenzioni favorevoli che da tempo avrebbero dovuto essere stipulate dalle Prefetture.
Al riguardo, occorre evidenziare che nonostante la Circolare del Dipartimento della P.S. del 20 aprile 2014 abbia incaricato le Prefetture a livello territoriale di stipulare le convenzioni con ditte specializzate, ad oggi le predette disposizioni sono ancora disattese. Eppure, non sarebbe così difficile da parte delle medesime inserirsi nelle convenzioni a livello regionale già sottoscritte dalle Forze di Polizia ad ordinamento militare.
Iter farraginosi, documentazioni complesse e arcaiche producono tempi biblici per il rimborso: il funzionario è tenuto a orientarsi in tracciati cavillosi e labirintici per dotarsi delle attestazioni e delle ricevute delle ditte che effettuano la pesa e il trasporto delle masserizie come delle visure relative alla distanza chilometrica. In merito, fa sorridere che una Prefettura abbia presentato un quesito al Tep concernente l’idoneità del libretto di circolazione ad attestare il peso a vuoto dell’automezzo. È l’esempio di come certe tecnocrazie vogliano esonerarsi da qualsiasi tipo di responsabilità, anche quando ictu oculi non ce ne sono. Peccato che a farne le spese sia il collega che deve attendere anni per il dovuto rimborso.
E come spesso accade, poi – c’è una letteratura in proposito da Gogol a Comma 22 – è facile sconfinare nell’irrazionalità più perversa: l’Amministrazione articola il rimborso in due voci, percorso e imballaggio il tutto moltiplicato per la distanza chilometrica, ma al contrario di quanto fanno le ditte, per le quali la voce che pesa di più è quella dell’imballaggio e non quella relativa alla distanza che, d’altro canto, per il valore attuale rimborsabile, non è affatto sufficiente a coprire le spese.
In queste condizioni, va detto con chiarezza, il trasferimento diventa un danno.
Per quanto sopra esposto, La preghiamo, sicuri della Sua sensibilità per le problematiche dei funzionari di polizia, di intervenire affinché vengano impegnati i titolari degli uffici competenti a provvedere con soluzioni pratiche e non dilatorie, sia alla rimozione degli ostacoli burocratici che si frappongono alla liquidazione dei rimborsi, sia a stipulare le convenzioni con ditte che effettuano traslochi.
Roma, 10 febbraio 2020
Enzo Marco Letizia