Signor Capo della polizia,

la consapevolezza del nostro ruolo ci impone di tutelare la nostra categoria dalle frustrazioni delle legittime aspettative di progressione di carriera, le quali generano disaffezione e demotivazione con conseguenti ricadute negative nei servizi resi al Paese.

Perciò, in vista del prossimo Consiglio di Amministrazione torniamo a chiedere con fermezza un cambio di passo volto a riconoscere il merito professionale, l’impegno profuso ed i sacrifici affrontati con abnegazione dai colleghi e dalle loro famiglie.

Al riguardo, recentemente il Prefetto Franco Gabrielli, nel discorso di congedo dalla Polizia, ha affermato: “Il tema della valorizzazione dell’effettiva ponderazione dei colleghi è un problema di questa Amministrazione, e mi auguro che nel proseguo si lavori molto a questo tipo di questione”.

In merito, siamo convinti che rendere comprensibile l’azione dell’Amministrazione attraverso regole “di ingaggio” che sappiano rispondere ad una domanda assai semplice “cosa debbo fare per essere promosso?”, sia l’unica via per dare certezze all’intera categoria. Infatti, siamo persuasi che la riconoscibilità dei criteri di valutazione, con particolare riferimento al punteggio discrezionale, insieme all’individuazione dei percorsi di carriera siano i capisaldi della trasparenza. 

È dal 2000 che è disapplicato l’art.10 del Dlgs n.334/2000 sul percorso di carriera, il cui principio non può essere ridotto a uno slogan: esso va realizzato attraverso un processo graduale poiché il rischio, se non si procedesse a tappe intermedie, è quello di danneggiare i tanti colleghi meritevoli che oggi non possiedono i requisiti previsti dal percorso. L’entrata in vigore del citato articolo 10 è stata ulteriormente prorogata al 1° gennaio 2022, perciò si utilizzi il tempo a disposizione per progettare la graduale applicazione, attraverso un periodo di transizione.

Solo così, in futuro, si potrà stabilire quali esperienze maturate e quali inclinazioni e attitudini professionali, gestionali e organizzative, siano necessarie per accedere alle qualifiche superiori, in modo che siano riconosciuti e premiati il merito, lo spirito di sacrificio, la competenza e la preparazione e non ultima la capacità di assumersi responsabilità ad affrontare i conseguenti rischi.

Al termine del processo, siamo convinti che il percorso di carriera diventerà uno dei pilastri portanti di un sistema trasparente su cui poggiare la fissazione degli indici di prestazione, come l’identificazione dei criteri per la valorizzazione degli incarichi, permettendo così di interrompere quel circolo vizioso, effetto dell’incertezza del proprio futuro professionale, su cui attecchisce la mala pianta della demotivazione e che produce divisioni interne.

La trasparenza in tal modo potrà dare risposta alle seguenti domande: “per essere promossi quali esperienze minime è necessario aver maturato?” E ancora, “cosa bisogna aver dimostrato di essere in grado di fare?”, o “quali doti gestionali ed umane è indispensabile possedere per essere un buon dirigente?” .

Inoltre, questa Associazione ha da molto tempo sottolineato le distorsioni che si collegano alla volatilità dei criteri adottati in sede di scrutinio e all’eccessivo peso del punteggio discrezionale sulla valutazione complessiva, soprattutto nei casi in cui esso non trova riscontro nelle categorie di punteggio oggettivo e neppure nel percorso professionale in concreto documentabile, sollecitando gli opportuni aggiustamenti volti ad assicurare la necessaria trasparenza del giudizio e a premiare il percorso professionale, la qualità delle funzioni e i risultati oggettivamente conseguiti dai singoli nell’ambito degli uffici in cui hanno operato.

Abbiamo più volte sottolineato come questo approccio, che abbiamo definito “a due velocità” – conciliante verso alcuni ed assai esigente verso altri – sia incompatibile con l’esigenza di garantire una valutazione imparziale che richiede, invece, un quadro di regole certe ed uniformi.

Alcuni aspetti assumono oggi più che mai rilevanza centrale: la fissazione di indici di prestazione, che consentano di rendere valutabile l’apporto peculiare e diversificato che ciascuno di noi è in grado di rendere all’ufficio di appartenenza; l’identificazione dei criteri per la valorizzazione di incarichi delicati ricoperti nella gestione dell’ordine pubblico del controllo del territorio, del settore logistico, della polizia amministrativa, della lotta al crimine, del contrasto al terrorismo, della gestione dei fenomeni migratori, della difesa delle frontiere e della sicurezza nell’ambito ferroviario, stradale e del web; ed infine, l’attualizzazione del sistema premiale per garantire anche ai funzionari che operano, con alto profitto e rendimento, in settori diversi dalla polizia giudiziaria il riconoscimento dei loro meriti.

Solo a queste condizioni avranno il dovuto riconoscimento la specificità delle esperienze professionali maturate, le capacità evidenziate nella direzione di uffici, nella gestione del personale e nel governo di  contesti operativi complessi anche in condizioni di emergenza, l’assunzione diretta di responsabilità, quelle qualità di equilibrio e di adattamento a situazioni eterogenee e spesso impreviste che impegnano i colleghi a rimettersi sempre in discussione e ad allargare il proprio orizzonte professionale, nel rispetto della duttilità e dell’elasticità mentale ed operativa che devono caratterizzare i funzionari della Polizia di Stato.

Perciò chiediamo che i lavori preparatori del Consiglio di Amministrazione siano ispirati a criteri oggettivi in cui i principi di valutazione rispondano all’esigenza di rendere chiaro a tutti che le scelte adottate si basano su elementi trasparenti ed idonei a consentire la ricostruzione dell’iter logico seguito da parte dell’Amministrazione, se si vuole proseguire in modo credibile il processo di riforma ordinamentale del Dipartimento e delle strutture territoriali e dare un senso reale al riordino delle carriere ed alla riconosciuta dirigenzializzazione delle nostre funzioni.

In conclusione, è necessario che i lavori s’ispirino all’etica della responsabilità, nella consapevolezza che le scelte adottate avranno riflessi importanti sui Colleghi, sull’Amministrazione e sul Paese.

Roma, 29 marzo 2021

Enzo Marco Letizia

CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE LETTERA AL CAPO DELLA POLIZIA