OGGETTO: “Funzionari convenuti in giudizio per risarcimenti danni — motivi manifestatamente infondati — rimborso spese legali”.

ALLA SEGRETERIA NAZIONALE ANFP-SIAP
ROMA
(Rif nota n. 359/2018/S.N del 20 novembre 2019)

Con riferimento alla nota in epigrafe, la Direzione Centrale per le Risorse Umane ha comunicato che concordanti pareri delle Avvocature dello Stato hanno chiarito come non spetti alcun rimborso ai dipendenti convenuti in un procedimento civile nel quale il Giudice, pur non riconoscendo in capo ad essi alcuna responsabilità, anzi, proprio in virtù di questo, abbia posto a carico della parte soccombente l’onere di rifondere ai convenuti le spese di giudizio.
Tale indirizzo si fonda sul principio che il beneficio riconosciuto dall’art.. 18 del D.L. 25 marzo 1997, n. 67, convertito in L. del 23 maggio 1997, n. 135, non può tradursi in un indebito arricchimento per il dipendente, qualora il Giudice abbia riconosciuto le spese a carico dell’attore. In tale eventualità, infatti, l’interessato verrebbe ristorato due volte.
Il rigetto delle istanze di rimborso delle spese legali con contestuale recupero delle somme eventualmente anticipate, è dunque in linea, nelle fattispecie descritte, con i numerosi pareri espressi dalle Avvocature dello Stato interpellate sull’argomento.
Sarà cura del competente Ufficio Contenzioso e Affari Legali, nel caso di infruttuosità della procedura esecutiva volta al recupero del credito vantato, investire la competente Avvocatura sul possibile ristoro delle spese legali richieste, previa acquisizione della idonea documentazione a sostegno.

Ogni altra soluzione pare al momento non percorribile, atteso che in più occasioni è stata interessata l’Avvocatura dello Stato, prospettando, senza successo, possibili rimedi a casi del genere.

IL DIRETTORE DELL’UFFICIO
DE BARTOLOMEIS

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ALLA SEGRETERIA DEL DIPARTIMENTO DELLA PUBBLICA SICUREZZA
UFFICIO PER LE RELAZIONI SINDACALI
e, p.c.
ALLA DIREZIONE CENTRALE DELLE
RISORSE UMANE
ROMA

Tra le questioni connesse al rimborso delle spese legali sostenute in conseguenza di fatti di servizio, questa Associazione intende segnalare la vicenda che ha visto chiamare in giudizio colleghi nominati funzionario istruttore o membro di un consiglio provinciale di disciplina, in un procedimento disciplinare a carico di un dipendente destituito dal servizio.
Quest’ultimo, nel 2012, ha citato in giudizio civile i singoli colleghi e non l’Amministrazione, in palese violazione del principio di immedesimazione organica, chiedendo loro un risarcimento per presunti danni morali quantificato in € 250.000.
Il giudice adito, motivata l’infondatezza delle pretese, ha rigettato la domanda e condannato l’attore a rifondere le spese legali ai convenuti.
Nel frattempo lo stesso attore, ormai destituito da tempo, si è reso irreperibile, e i colleghi rischiano di risultare comunque soccombenti, non sul piano giudiziario ma su quello delle spese. Sia quelle sostenute, che comprendono anche gli oneri per la registrazione della sentenza e per la notifica alla parte soccombente, sia quelle da sostenere, secondo il parere dell’Amministrazione.

La Direzione Centrale per le Risorse Umane ha, infatti, comunicato ai colleghi che, in seguito alla sentenza in discorso, “alcun onere economico dovrebbe incombere su questa Amministrazione”, salvo il caso in cui essi dimostrino “il fallimento delle procedure esecutive attivate per il recupero del credito, vantato nei confronti della parte soccombente”. Il che lascia intendere che senza l’esperimento della citata, costosa, procedura, rispetto alla quale l’anticipo ricevuto non sarebbe certamente sufficiente, vi sarà, da parte dell’Amministrazione, una richiesta di restituzione dell’intero anticipo.
Rispetto a questo orientamento comunicato agli interessati, l’Associazione ricorda che i predetti funzionari sono stati componenti di un organo collegiale interno che, in materia disciplinare, concorre a formare la volontà dell’Amministrazione con una proposta nei confronti dell’organo di vertice, cioè il Capo della Polizia — Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, il quale, nel caso di proposta di sanzione da parte del Consiglio, ha facoltà di disporre in modo più favorevole all’inquisito.

Il fatto che loro siano costretti a stare individualmente in giudizio, in palese violazione del principio di immedesimazione organica, dovrebbe indurre l’Amministrazione ad individuare soluzioni – come un anticipo che garantisca una copertura totale delle spese per la procedura esecutiva nei confronti del soccombente – che possano alleggerire l’onere del quale sono stati ingiustamente, e illegittimamente, gravati.
Non è superfluo sottolineare come la mancata individuazione di queste soluzioni possa costituire, in generale, un pericoloso precedente, perché in grado di rendere più difficoltosa la nomina negli organi disciplinari, quando questi debbano decidere sui fatti di maggiore gravità e, soprattutto, determinare un condizionamento improprio sulla libertà di valutazione e decisione, a causa dei possibili risvolti economici negativi in capo ai singoli componenti i consigli di disciplina.

Roma, 20 novembre 2018

 

LA RISPOSTA DELL’UFFICIO RELAZIONI SINDACALI DEL 12 MARZO 2019

LETTERA ANFP DEL 20 NOVEMBRE 2018