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La crisi impone scelte radicali e le misure del governo sono indirizzate verso quella che viene ritenuta una indispensabile ed inevitabile austerità. La parola “sacrifici” circola di questi tempi con amara assiduità, non certo nuova per noi che siamo stati e siamo richiamati da sempre a rinunce in nome della nostra funzione di servizio e della nostra missione di tutela delle garanzie democratiche.
Ma mai come di questi tempi il nostro compito e le rinunce che in suo nome ci vengono chieste, sembrano ardue. La crisi, l’aumento della precarietà e della disoccupazione, l’impoverimento dello stato sociale incrementano la conflittualità e il malcontento. E noi rappresentiamo l’ultimo anello di una catena di disfunzioni, inazione, inefficienze, sprechi, il parafulmine su cui si scarica il malessere sociale di questa età dell’incertezza.
E ancora una volta spetta a noi dimostrare senso di responsabilità e prudente ragionevolezza, a fronte di una condizione di frustrazione, mancanza di riconoscimenti professionali ed economici e qualche campagna mediatica poco obiettiva, per non dire denigratoria.
Ci tocca un ruolo vicario che sentiamo come un dovere, ma che è davvero pesante da gestire. In questa fase drammatica, con il malessere sociale che cresce e dilaga, con la società che si divide tra chi può sempre di più, chi può ancora e chi non può più, con il bisogno di protezione dei deboli esposti a quella che avvertono come grande ingiustizia, la politica appare irrimediabilmente scollata dalla realtà. Le istituzioni soffrono un’irrimediabile perdita di autorevolezza e latita chi dovrebbe assolvere il compito di raccogliere le istanze sociali e trasformarle in proposte politiche, per “concorrere con metodo democratico alla politica nazionale”, come recita l’articolo 49 della Costituzione. Sono sempre meno credibili i soggetti in grado di tenere insieme la società, dare sostegno alla realizzazione dell’indirizzo politico del governo, svolgere quel compito di strutturazione democratica, in assenza del quale si genera un vuoto, una pericolosa situazione di disordine politico, nella quale il governo si trova a dover fare i conti direttamente col disfacimento particolaristico, corporativo ed egoistico dei gruppi sociali, inevitabilmente privilegiando i più forti a danno dei più deboli.
La dialettica tra governo e società non trova oggi in Italia la necessaria mediazione dei partiti, della quale la democrazia, in qualsiasi sua forma, ha necessità vitale.
Non vorremmo che la crisi e i sacrifici che ne conseguono producessero un appiattimento della funzione critica e nemmeno che di fronte alla minaccia che investe tutti, si fosse indotti a mettere da parte rivendicazioni legittime e sacrosante, anche nella misura in cui un impoverimento degli addetti alla sicurezza finisce col compromettere il benessere e l’esistenza della collettività.
Se è vero che in una situazione di necessità davanti alla quale tutti sono uniti e tutti sono uguali, senza che le differenze sociali e politiche vengano cancellate, ma tuttavia momentaneamente neutralizzate da una mobilitazione corale dei cittadini, se è vero che le categorie di giusto e ingiusto spariscono davanti allo stato d´eccezione, in cui vale solo la logica dell´efficacia e dell´inefficacia, è anche vero che senza l´attenuazione dei privilegi, senza la consapevolezza che tutti sopportano gli stessi rischi e sacrifici, anche la risposta all´emergenza viene indebolita.
Nei momenti di crisi, l´equità e il rispetto delle leggi uguali per tutti rappresentano il presupposto imprescindibile dell´efficacia delle azioni predisposte per fronteggiarla.
Ed è proprio con questa consapevolezza che l’ANFP ha cercato di indirizzare in tal senso i propri sforzi, esaltando – accanto all’azione in diretta difesa degli interessi della categoria e della sua identità professionale – la vocazione ad accreditare i propri rappresentanti come interlocutori credibili e privilegiati presso chi è chiamato ad assumere decisioni politiche, ma anche come soggetti portatori di esperienze maturate sul territorio, in grado di interpretare il disagio e gli umori delle collettività. Si è cercato, per questo, di curare con particolare attenzione gli interventi sui media in materia di ordine pubblico, sicurezza, lotta alla criminalità, investendo anche nell’acquisto di pagine di giornale per esporre ragioni, obiezioni e proposte in merito alle aspettative degli uomini e delle donne della Polizia di Stato, come di tutte le categorie che operano nell’interesse generale del Paese, a dimostrazione che la sicurezza e la tutela delle libertà non è solo affare nostro.
Ma non basta. L’Associazione ha deciso di portare all’esterno le proprie riflessioni ed esperienze, proponendosi come soggetto impegnato ed attivo sui temi della legalità e della cultura della sicurezza, consapevole della possibilità di esercitare concretamente un ruolo strategico per la salvaguardia della legalità, anche attraverso la continua affermazione di una sicurezza intrinsecamente democratica e partecipata.
Anche per questo, come e più di tutte le categorie direttamente impegnate al servizio della collettività, chiediamo il rafforzamento di mezzi, risorse, attrezzature ed un concreto riconoscimento professionale ed economico della specificità delle nostre funzioni. Ma sappiamo anche che per ottenere dei risultati, in assenza degli strumenti di lotta e di rivendicazione di tipo tradizionale, è necessario accrescere la nostra autorevolezza attraverso un’azione paziente e continua, volta ad “esportare” presso la collettività e gli interlocutori politici ed istituzionali, il sapere di cui riteniamo orgogliosamente di essere portatori. Che è il sapere insostituibile di chi, ogni giorno, nei più diversificati contesti, agisce con professionalità ed abnegazione a tutela della collettività.
Per questo abbiamo investito nella realizzazione di incontri e seminari di studio e approfondimento cui hanno partecipato studiosi, operatori e personalità del mondo politico, quel mondo che ormai ci riconosce come interlocutori privilegiati e che ha imparato ad ascoltarci.
Per questo abbiamo promosso l’approfondimento e lo studio di tematiche concernenti la funzione della Polizia, l’ordine e la sicurezza pubblica e più in generale la centralità della tutela e del ripristino delle condizioni di legalità, affidando incarichi di studio e ricerche sull’apporto della sicurezza pubblica alla creazione del PIL e del BIL e come valore competitivo del Paese. A questo fine abbiamo promosso un’indagine affidata all’AICCON dell’Università di Bologna su Legalità e credito per studiare il contributo dell’investimento in sicurezza al libero svolgersi dell’attività imprenditoriale.
La collana “Sicurezza civile”, frutto di un proficuo sodalizio tra l’ANFP e la Franco Angeli, nata per raccogliere i contributi di studiosi e accademici e le esperienze di coloro che nella realtà quotidiana sono interessati alla gestione civile della sicurezza interna del Paese, ha realizzato volumi che circolano ben oltre il pubblico degli addetti ai lavori, che suscitano dibattito, che si sono accreditati come strumenti utili al decisore e alla politica per avvicinarsi ai bisogni e alle istanze dell’opinione pubblica.
Gli eventi di presentazione dei volumi al pubblico, ai quali hanno partecipato studiosi, amministratori e rappresentanti della politica, costituiscono un successo che ci conforta, non solo per le qualificate presenze, ma perché suscitano un acceso confronto e confermano l’attualità e la centralità dei temi che analizzati e l’insostituibilità della nostra testimonianza e della nostra esperienza, anche oltre le tradizionali rivendicazioni di tipo strettamente sindacale.
E per queste stesse ragioni abbiamo deciso di scendere in campo al fianco dei colleghi della Dia, non solo per la funzione e la tradizione di quella struttura, non solo per pronunciarci esplicitamente contro le pesanti riduzioni delle risorse economiche e di personale che ne compromettono l’efficienza, rendendola vulnerabile e poco produttiva, non solo perché riteniamo che questo rappresenti l’espressione di un disegno opaco ed oscuro di impoverimento delle attività di contrasto alla criminalità organizzata. Ma anche perché viviamo in tempi molto complessi, nei quali si registra una tendenza pericolosa a recidere legami di solidarietà, a limitare la forza delle rappresentanze sindacali mediante forme di negoziazione per segmenti, ad attribuire importanza gerarchica a garanzie e diritti, a indurre inimicizia e contrasto tra i lavoratori, così come si sta cercando di indebolire la comunanza tra i cittadini.
Tutto questo nella serena convinzione che, all’interno di una stessa Amministrazione, una categoria di lavoratori non possa certo trarre gratificazione dalla penalizzazione di un’altra, né accettare che interventi miopi ed insensati compromettano irrimediabilmente il funzionamento di articolazioni strategiche nella lotta alla criminalità organizzata.

Enzo Marco Letizia