Signor Presidente della Repubblica, Signor Presidente del Senato, Signora Presidente della Camera, Signor Presidente della Corte Costituzionale, Signor Ministro, Autorità religiose, civili e militari, gentili ospiti, cari colleghi, tra cui cito con piacere Tullio Del Sette, Giorgio Toschi e Santi Consolo, grazie per averci onorato con la vostra presenza.
Seguendo i rigidi dettami che scandiscono la liturgia del cerimoniale, questo sarebbe il momento dedicato alla condivisione dei traguardi raggiunti nell’anno appena concluso,
La solenne occasione in cui, a suon di cifre e percentuali, spesso interpretate con sapiente benevolenza, si illustrano i risultati dell’attività compiuta.
Risultati, comunque, che senza alcuna vana gloria, nell’anno appena trascorso dalla ricorrenza del 164^ anniversario, le donne e gli uomini della Polizia di Stato, pagando anche un prezzo di sangue, hanno brillantemente conseguito.
Nel 2016 abbiamo registrato un significativo calo della delittuosità, meno 8,6 %, ed i primi mesi di quest’anno confermano tale andamento. A questo, purtroppo, non sempre corrisponde un aumento della percezione di sicurezza tra le nostre Comunità.
Comunità spesso impaurite, preoccupate e smarrite.
E’ indubbio che una tale percezione, così confliggente con la cd sicurezza rilevata, sconti soprattutto l’interazione di altri fattori, come il degrado di molte città e la sensazione di precarietà che una lunga crisi economica ormai decennale ha sempre più acuito.
In questo contesto, anche noi siamo chiamati ad una maggiore attenzione e a un maggiore impegno, facendo della nostra presenza sul territorio la nostra primaria mission, soprattutto in una stagione in cui gli operatori di polizia vivono una condizione di appannamento e stanchezza, connessa ad un inesorabile invecchiamento, cui, purtroppo, nel passato non si è fatto fronte con un tempestivo ricambio.
Ecco perché diventa prioritario che, oggi più che mai, si riconosca la centralità delle risorse umane. E’ per questo che, oggi, in occasione della ricorrenza del 165^ anniversario della fondazione della Polizia di Stato, vorrei primariamente rivolgermi proprio alla mia gente.
Lo faccio, tra l’altro, in una data e in un luogo densi di significato.
Da qualche anno a questa parte, infatti, la nostra festa si è svolta al chiuso delle nostre strutture, tra le mura delle caserme, in una sorta di solistico rito autocelebrativo, in adesione ad indirizzi governativi correttamente preoccupati che le ricorrenze in piazza potessero trasformarsi in sterili esibizioni muscolari, incompatibili con il giusto rigore di bilancio.
Ma la nostra presenza, la nostra stessa esistenza, assume un senso, un significato, solo nell’essere al servizio delle comunità. Il nostro “esserci sempre” trova, cioè, ragione solo se declinato tra i nostri concittadini, nelle piazze delle nostre città.
Ed è per questo che abbiamo chiesto di poter tornare a festeggiare la ricorrenza della nostra fondazione nel centro delle città, certo, con modalità ispirate ai giusti principi di rigore, ma comunque tra il calore dei nostri concittadini, veri destinatari del nostro lavoro quotidiano, trovando in ciò una entusiasta risposta del Governo, in particolare la sottosegretaria Maria Elena Boschi, alla quale porgiamo i nostri ringraziamenti.
E celebriamo la nostra Festa, oggi e per gli anni a venire, il 10 aprile, ponendo fine ad un’anomalia che ha sinora caratterizzato la Polizia di Stato, unica Forza a non avere una data prefissata per la celebrazione della propria fondazione, che per noi risale al 1852.
La scelta di questa giornata intende riaffermare ancora una volta l’inscindibile legame con le nostre radici, quella Legge 121, pubblicata appunto il 10 aprile del 1981, che ha delineato con una straordinaria lungimiranza il sistema dell’ordine e della sicurezza pubblica del nostro Paese.
Alla nostra gente dunque, mi rivolgo, per comunicare che, in armonia con quell’impegno assunto all’indomani del mio insediamento, stiamo lavorando per ridefinire una nuova architettura della Polizia di Stato.
Con l’approvazione del provvedimento governativo che realizza la revisione dei ruoli delle quattro Forze di polizia è stato avviato uno storico processo di modernizzazione della Polizia di Stato. Tale misura pone rimedio ad una stagnazione verificatasi negli ultimi anni che si è concretizzata in un’elevata concentrazione di personale nei ruoli di base, a cui ha fatto riscontro una rilevante carenza nelle qualifiche intermedie, incidendo negativamente sull’efficienza della nostra Amministrazione.
Il meccanismo di accesso alle carriere messo a punto consentirà di aumentare sensibilmente il numero degli ufficiali di polizia giudiziaria, al fine di rispondere con sempre maggiore efficacia alla domanda di sicurezza dei cittadini.
Per tale progetto il Governo, attraverso la legge di bilancio di quest’anno, ha stanziato 977 milioni di euro rispetto ai 119 milioni a regime degli anni precedenti, rendendo possibile una molteplicità di interventi, impensabili con l’originario stanziamento.
Scopo del progetto è anche quello di garantire una maggiore qualificazione del personale, introducendo la previsione del titolo di studio di scuola secondaria di secondo grado per l’accesso alla prima qualifica per i ruoli di base.
Numerosi i benefici per il nostro personale, in termini di una progressione di carriera più veloce e semplificata che consente di intervenire sui processi e sulle spinte motivazionali, delineando, anche, una “carriera aperta dalla base”, e di attribuire a ciascun operatore significativi miglioramenti economici.
In questo processo di modernizzazione auspico di essere accompagnato dalle altre componenti del comparto sicurezza, alle quali auguro, ciascuna con le proprie prerogative e specificità, di trovare nel riordino appena concluso una occasione di potenziamento.
Perché, ed in questo sono sicuro di farmi interprete del pensiero dei miei omologhi alla guida delle altre Forze di Polizia, solo la forza di ciascun anello che compone il sistema sicurezza rende la catena più solida.
E in questo senso ritengo lungimirante la scelta del Governo che ha voluto unificare sotto l’egida del Dipartimento della Pubblica Sicurezza i percorsi di riforma di tutte le componenti del Comparto, in continuità con le scelte già fatte in sede di razionalizzazione delle Forze di Polizia che hanno trovato proprio nel Dipartimento la casa comune.
Consentitemi in questa sede di ringraziare le Forze Armate per il significativo contributo al Sistema Sicurezza, attraverso l’apporto fornito al presidio del territorio. Grazie a tale cooperazione le Forze di Polizia hanno potuto concentrare le proprie energie e risorse nella funzione di controllo del territorio e di contrasto alle varie forme di criminalità, prerogativa esclusiva dell’esercizio delle funzioni di pubblica sicurezza.
Permettetemi quindi di ringraziare il Governo per la sensibilità dimostrata, soprattutto in un contesto di Finanza Pubblica certamente non favorevole, ed il Ministro Minniti per la appassionata caparbietà con cui ha perseguito l’obiettivo, per nulla scontato.
Questo sforzo compiuto, deve, ora, essere accompagnato da un’ulteriore assunzione di responsabilità da ciascuno di noi, nell’esempio di chi ci ha preceduto sacrificando finanche il bene supremo della vita, cui rivolgo un commosso pensiero. Oggi ricorderemo Diego, Nicola e Francesco ultimi tre di una lunga e triste serie.
In tale ottica, per migliorare la produttività e l’efficienza dei nostri Uffici, stiamo rinnovando i meccanismi di audit interno, troppo spesso marginalizzati alle nostre latitudini sulla base della indimostrata asserzione che l’attività di polizia non possa essere “pesata”.
Dal punto di vista organizzativo abbiamo avviato un processo di riorganizzazione dell’architettura del Dipartimento della Pubblica Sicurezza e stiamo per varare una analoga iniziativa anche per gli Uffici territoriali, per garantire una più razionale distribuzione dei presidi di polizia sul territorio ed un più efficiente impiego delle risorse umane e strumentali.
Una cura particolare stiamo rivolgendo alla “salute” delle nostre donne e dei nostri uomini, non già in un’ottica di efficientismo fine a se stesso ma nella consapevolezza che la durezza del nostro lavoro, dove ancora troppi sono i suicidi, deve essere accompagnato da una cura della persona e dei suoi bisogni, non solo fisici. Un processo graduale ed intelligente che dovrà vedere tutti consapevoli protagonisti.
Per questo generale rinnovamento della Polizia di Stato ringrazio, in particolare, quelle organizzazioni sindacali che, in un confronto talora critico, ma sempre costruttivo, hanno saputo spogliarsi da logiche demagogiche e populiste suggerendo soluzioni percorribili ma non per questo penalizzanti dei reali bisogni della nostra gente.
Organizzazioni che ora vorrei chiamare ad un ulteriore atto di responsabilità, per contribuire ad accompagnare questo storico processo di rinnovamento con un parallelo processo di rivisitazione delle modalità di dialettica sindacale.
Troppe volte ho visto paladini dei diritti dei poliziotti piegare le giuste istanze della mia gente a logiche personalistiche. Troppe volte ho visto strumentalizzato e sbattuto in prima pagina il giusto malessere del nostro personale.
È il tempo di interrogarsi sull’efficacia di tali modalità di dialettica sindacale. È il momento di verificare l’utilità di farsi attirare dal canto di talune sirene che, a mio parere, producono quale unico effetto quello di fornire una immagine immeritatamente sgangherata di noi stessi.
Svilendo, così, i quotidiani sacrifici affrontati dalle nostre donne e dai nostri uomini e contribuendo a diffondere tra la cittadinanza un senso di sfiducia verso l’efficienza della Polizia di Stato, in una spirale, a mio parere senza ritorno, che rende gli altri più belli di quelli che sono e noi più brutti di quelli che siamo.
Ecco, per tutto questo, vorrei che ci riappropriassimo del nostro orgoglio identitario, che sino ad ora, è stato essenzialmente garantito dalle nostre articolazioni che hanno saputo costruire, sulla base di un unanime riconoscimento di competenza, un autonomo spirito di corpo.
Penso alla Polizia stradale, per la quale quest’anno ricorre il 70 anniversario della fondazione, alle Squadre Mobili, alle Digos, alla Polizia Postale, che in poco tempo è riuscita ad affermarsi quale centro di eccellenza anche a livello internazionale, e, da ultimo, alla Polizia Ferroviaria che anch’essa in questo 2017 festeggia, con i suoi 110 anni, una lunga e non sempre valorizzata attività.
Fino ad oggi, dunque, nell’esaltare le singole tessere abbiamo sacrificato la straordinaria complessità del mosaico della Polizia di Stato. Quello che ora vorrei realizzare insieme a voi, consentitemi il gioco di parole, è il passaggio, dalle Polizie alla Polizia. Vorrei, cioè, fondere tutte queste articolazioni in una identità unitaria, l’appartenenza alla famiglia della Polizia di Stato.
Quando dico questo penso alla straordinaria varietà e qualità delle persone che hanno segnato questi primi 10 mesi di Direzione del Dipartimento. Custodisco molte delle loro storie tra le cose care che costituiscono la molla motivazionale per portare avanti questo processo di cambiamento.
In primo luogo ricordo i tanti volti dei nostri poliziotti in quiescenza che, attraverso la meritoria attività dell’Associazione Nazionale della Polizia di Stato, non hanno mai reciso il cordone ombelicale con la nostra Amministrazione, continuando, con entusiasmo, a svolgere un servizio utile alla collettività.
E poi penso a Maria Grazia, fresca Vice Sovrintendente, che prima di lasciarci, all’esito di una malattia crudele e inesorabile, ha chiesto ed ottenuto di essere tumulata con la nostra uniforme e con i segni distintivi della agognata qualifica.
Penso a Mario, che oggi premieremo e che, qualche mese fa, per disinnescare un ordigno ha subito gravi ed irreversibili menomazioni fisiche. Ebbene l’unica determinazione di Mario è di continuare a prestare servizio nei ruoli ordinari, anche se parzialmente idoneo, rinunciando a tutti i possibili benefici economici connessi invece ad una eventuale riforma.
Penso a Gaetano, che ho incontrato a Maglie, non più in servizio attivo perché il suo corpo è ormai prigioniero della SLA, che attraverso un sintetizzatore vocale e con una disarmante luce negli occhi mi ha partecipato il Suo amore per la nostra cara Polizia, che nonostante tutto continua ad essere ancora la Sua.
E penso a Giovanna, Assistente Capo in servizio presso la Questura di Latina, alla quale il terremoto ha strappato gran parte del suo passato, del suo presente e del suo futuro. Sotto le macerie di Amatrice, in quella tragica notte del 24 agosto scorso, sono rimasti sepolti i genitori, il marito, anch’egli nostro collega, e i suoi meravigliosi figli, appena adolescenti.
In questi mesi ho incontrato molte volte Giovanna, circondata dall’affetto dei colleghi e assistita da una nostra straordinaria psicologa, che la stanno accompagnando in un progressivo ritorno ad un quotidiano “sostenibile”. Eppure, credetemi, alla fine di ogni incontro, all’esito di ciascuna chiacchierata, ho sempre avuto la convinzione di aver ricevuto da Giovanna molto più di quanto le abbia dato. Perché, seppur fisicamente minuta ed apparentemente fragile, Giovanna riesce a trasmette in tutti coloro che le stanno vicino una non comune forza d’animo.
Sono solo alcune storie della mia gente. Questa è la famiglia di cui orgogliosamente faccio parte. Una famiglia composta da persone ordinarie che fanno cose straordinarie, senza clamore, senza apparire sulle prime pagine dei giornali. Persone che con onore e disciplina svolgono il proprio lavoro che è prima di tutto una missione civile.
A loro, prima che a me stesso, formulo i migliori auguri.
Viva la Polizia di Stato!
Viva l’Italia!