39-51imagesAI CANDIDATI PREMIER

Le analisi e gli studi condotti in questi anni con il prezioso contributo delle più autorevoli università italiane, hanno confermato la nostra convinzione che il contrasto alla criminalità e la promozione della legalità rappresentano una pre-condizione necessaria per aumentare la competitività e sostenere la crescita del Paese.
Non si può sottacere come in questi ultimi anni la sicurezza abbia subito enormi tagli, essendo stata considerata solo come un costo da ridurre. Un costo come molti altri.
Troppo poco ci si è domandati, invece, quanto costino, in termini economici oltre che sociali, l’insicurezza e la criminalità al Paese.
Le attività illegali alterano la competizione e il mercato e costituiscono una spesa aggiuntiva per le comunità e i territori in cui sono radicate.
In una realtà come quella italiana, in cui l’incidenza dell’economia sommersa, secondo i dati della Banca d’Italia, è stimata al 31% del PIL, il problema risulta di particolare gravità. Ed è soprattutto il bene “fiducia” a subirne le conseguenze, tanto che l’influenza negativa della criminalità organizzata e dei colletti bianchi determinano anche l’aumento del costo dell’accesso al credito sia per le imprese e i cittadini, che per le banche.
È parere largamente condiviso che il riscatto dell’Italia dalla crisi economica e sociale richieda ineludibilmente investimenti in legalità, moralità, competenza e sicurezza.
Questo è il momento di passare dalle intenzioni alle azioni.

Abbiamo letto con attenzione i programmi per la sicurezza di tutte le forze in campo e, considerato il ruolo istituzionale che ricopriamo, riteniamo opportuno offrire alcuni suggerimenti, che rappresentano il frutto della nostra esperienza e del nostro lavoro.
Sicurezza pubblica –

Le migliori politiche di intervento prevedono un attento equilibrio tra attività preventive delle forze di polizia con i più moderni strumenti di sicurezza partecipata, il rafforzamento del sistema scolastico volto a migliorare la cultura generale ed a creare un’adeguata coscienza civile e sociale nei giovani e, in particolare, l’educazione alla legalità, il miglioramento della qualità della vita e una rigorosa applicazione della legge, a partire da un’effettiva certezza della sanzione penale e da un adeguato rispetto per le vittime dei reati.
Le tanto millantate politiche di “tolleranza zero” hanno costantemente nascosto il nulla in termini di progettualità ed azione, dietro ipocrite e poco credibili professioni di intenti.
E’, invece, necessario che tutti gli attori interessati – a livello centrale e territoriale – si sentano coinvolti in un progetto che non può che essere comune, cosicché ciascuno, per quanto di propria competenza, concorra alla costruzione di un valore condiviso avendo cura di evitare che gli strumenti di azione si avvicinino troppo ai circuiti politico elettorali in ambito locale, poiché essi corrono il rischio di condizionare alcuni diritti fondamentali dei cittadini, come affermato anche dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 115 del 2011.
Noi crediamo che, nel rispetto delle autonomie locali e senza, tuttavia, cadere nella trappola dei localismi, si debba chiaramente ristabilire nel Ministero dell’Interno –Dipartimento della Pubblica Sicurezza, attraverso le sue articolazioni periferiche di prefetture e questure, la direzione strategica in cui tutte le forze di polizia possano interagire per ottimizzare e rafforzare, con il concorso delle altre amministrazioni pubbliche, la risposta all’illegalità, evitando il rischio che anche la sicurezza sia oggetto di tentazioni affaristiche della peggior specie.
A tal proposito, riteniamo opportuno sottolineare come qualsiasi eventuale progetto di soppressione, accorpamento o modifica degli enti locali dovrà responsabilmente tenere nella dovuta considerazione come il territorio, rispetto all’attività degli uffici della Polizia di Stato, non possa essere considerato un dato meramente formale, rappresentando, per contro, elemento fondante delle modalità di gestione e mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica, proprio in relazione alle diverse e variabili peculiarità dei singoli contesti di riferimento, in cui è necessario che le competenze della sicurezza e della giustizia rimangano il più possibile parallele.
Riteniamo con serena convinzione che debba essere mantenuto, con forza e volontà, il modello configurato dal legislatore del 1981, che ha concepito l’Amministrazione della Pubblica Sicurezza come la cornice complessiva delle forze di polizia, il cui coordinamento operativo ed il cui controllo “politico” discendono quale naturale conseguenza del modello strutturale prescelto.
Qualunque progetto di riforma dovrà necessariamente confrontarsi con due valori fondamentali, tra loro inscindibilmente connessi: l’efficienza dei servizi di pubblica sicurezza e la loro reale adeguatezza alle esigenze del territorio e della società civile.

Lotta economica al crimine –

Il crimine produce danni al paese. Le indagini, soprattutto quelle per i reati più gravi (criminalità organizzata, terrorismo, traffico di droga, corruzione, crimini ambientali, ecc.), devono essere condotte, fin dall’inizio, non solo con il fine di individuare i responsabili, ma anche con quello di assicurare che la collettività sia effettivamente risarcita dei danni subiti, colpendo duramente il patrimonio accumulato dagli autori dei crimini.
Per tale motivo, unitamente a misure di trasparenza, è necessario istituire, presso ogni forza di polizia, nuclei specializzati nell’individuazione dei patrimoni illeciti che si affianchino agli investigatori fin dalle prime fasi delle indagini.

Polizia amministrativa e prevenzione –

La sicurezza collettiva non può essere disgiunta dalla corretta regolazione e dal controllo amministrativo di attività, aventi carattere personale o imprenditoriale, rilevanti per la sicurezza pubblica, anche a favore di chi opera legittimamente in tali settori.
Occorre un coordinamento tecnico operativo centrale presso il Dipartimento della Pubblica Sicurezza, che sostenga le attività territoriali.
Mentre per le armi, le munizioni e gli esplosivi è immediatamente intuibile la necessità di rendere più efficiente e ordinata la catena dei controlli, analogo ragionamento va esteso anche ad altri campi, come ad esempio la vigilanza privata, nei quali le garanzie di qualità del servizio sono, oltre che volte alla sicurezza collettiva, anche indirizzate alla tutela della vita e dell’incolumità dei lavoratori. Così nel gioco (contro le slot machine truccate), nel “compro oro”, nei locali di divertimento e negli esercizi commerciali, nel controllo annonario dei mercati, oggi svolto senza alcuna forma di coordinamento, che si rivela, per contro, irrinunciabile per prevenire, tra l’altro, l’infiltrazione mafiosa e contrastare il riciclaggio.

Immigrazione e legalità –

L’immigrazione è un fenomeno epocale, al quale si deve necessariamente guardare puntando agli obiettivi dell’integrazione e della legalità. Per il successo delle politiche d’integrazione si devono analizzare i singoli flussi e coinvolgere gli appartenenti alle comunità straniere, stabilitesi in Italia, nella lotta al crimine ed all’illegalità. Il contrasto al crimine d’importazione, che tanto nuoce alla sicurezza dei cittadini ed alla riuscita delle politiche d’integrazione, non si può, dunque, limitare ad interventi emergenziali, assunti sull’onda delle emozioni ed esclusivamente di carattere repressivo, ma deve prevedere, accanto al rafforzamento complessivo della cooperazione internazionale di polizia, l’istituzione o il rafforzamento di indispensabili “nuclei centrali specializzati”, che diano il necessario aiuto alle forze territoriali, procedendo anche all’assunzione mirata nelle forze di polizia di giovani provenienti dalle comunità di immigrati.
Per altro verso, è inoltre necessaria, a nostro avviso, una profonda revisione dell’attuale legislazione in materia di immigrazione, che così come è oggi concepita, sembra solo essere destinata a produrre inevitabilmente “clandestinità”, senza che, per contro, paradossalmente, siano poi stati previsti concreti strumenti per consentire il rimpatrio dei soggetti che illegittimamente hanno fatto ingresso nel territorio nazionale e per evitare che il faticoso lavoro quotidiano delle forze dell’ordine venga vanificato dall’indisponibilità di posto nei Centri di Identificazione ed Espulsione e dalle difficoltà connesse all’identificazione dei soggetti privi di documenti.
Così oggi, in assenza di tali strumenti, i soggetti clandestini nei cui confronti vengono adottati i previsti provvedimenti di allontanamento, tranne che in casi del tutto residuali, non possono essere materialmente allontanati dal territorio nazionale.
Ed ancora, i centri di accoglienza sono ormai al collasso. Mancano i fondi per la loro gestione. Mancano i fondi anche per lo straordinario degli operatori di polizia impiegati nella relativa vigilanza.

Corruzione e lotta all’evasione fiscale –

Siamo assolutamente convinti del fatto che la credibilità dell’Italia dipenda anche dalla volontà che essa saprà dimostrare nel porre in atto le necessarie azioni di contrasto alla “cultura” della corruzione, peraltro funzionale al malaffare e alle infiltrazioni della criminalità organizzata.
Lo stesso presidente della Corte dei Conti ha più volte evidenziato come la corruzione noccia gravemente al prestigio, all’imparzialità ed al buon andamento della Pubblica Amministrazione, pregiudicando la credibilità di quest’ultima oltre che la stessa economia della nazione.
Al riguardo, è altresì prioritario reintrodurre il falso in bilancio, reato strumentale alla corruzione come all’evasione fiscale. E potrebbe rivelarsi assai utile adottare un redditometro anti corruzione, strumento di misurazione delle entrate e delle spese dei funzionari della Pubblica Amministrazione e degli incaricati di pubblico servizio, dei rappresentanti politici eletti sia a livello locale che nazionale, delle società e delle persone ad essi collegati, delle aziende partecipate, affidato alla vigilanza operativa – in collaborazione con l’Agenzia delle entrate – della Guardia di Finanza e della DIA, le quali già oggi svolgono per legge i controlli sulle operazioni sospette di riciclaggio.
Chi gestisce il denaro pubblico deve accettare di essere messo sotto un’attenta lente d’osservazione.
Meritevole di profonda revisione nel merito delle scelte politiche a suo tempo adottate si rivela, poi, l’attuale disciplina che regola la nomina dei Segretari comunali, in modo da assicurare l’imprescindibile indipendenza e terzietà del soggetto preposto ai controlli di legittimità.
Parallelamente, dovranno essere intensificati gli sforzi e l’impegno sul piano della lotta all’evasione fiscale, affinché la crisi non finisca per l’essere sempre e comunque pagata solo dai soggetti economicamente più deboli e dai dipendenti statali, che ne subiscono quasi fatalmente, a vario titolo, gli effetti pregiudizievoli: da un lato per effetto dell’imposizione fiscale di cui costituiscono vittime privilegiate, dall’altro per effetto del blocco delle retribuzioni e degli adeguamenti stipendiali che si rivela ulteriormente penalizzante, svolgendo una funzione fortemente depressiva sui consumi e dunque sulla stessa economia.

Imposizione fiscale, progressività, lotta agli sprechi, ordine pubblico –

In considerazione delle pressanti esigenze di contenimento della spesa pubblica, al fine di evitare la grave iniquità e la miope dannosità di interventi attuativi di tagli lineari, non potrà più nemmeno essere elusa una profonda e reale revisione e razionalizzazione della spesa pubblica, che sappia colpire gli sprechi a qualunque livello e che dimostri la reale volontà politica di agire con determinazione ed equità anche su coloro che – a dispetto della crisi – continuano ad essere ingiustificatamente privilegiati.
E’ indispensabile istituire centri di controllo sulla spesa pubblica, sia a livello centrale che a livello locale.
Per altro verso, è indispensabile, ancora, che l’imposizione fiscale sia ispirata a criteri di rigorosa e severa progressività, per non gravare in modo eccessivo sempre e solo sul ceto medio.
Risponderebbe, inoltre, ad elementari criteri di equità intervenire a livello normativo per impedire la concentrazione di incarichi pubblici (da cui troppo spesso derivano gravi ed evidenti situazioni di conflitto di interessi) in capo al medesimo soggetto.
Difficilmente accettabili per una collettività a cui continuano ad essere chiesti sacrifici e rinunce si rivelano, del resto, le sperequazioni economiche che finiscono con il privilegiare ingiustamente i soggetti economicamente più forti.
Né potrà essere obiettato che si tratta di questioni che dovrebbero rimanere estranee agli operatori della sicurezza pubblica, essendo sin troppo facilmente intuibile come, da un lato, la gestione della crisi economica, il perseguimento di reali obiettivi di giustizia sociale, il rafforzamento dei vincoli di solidarietà sociale che può derivare dall’azione di un governo realmente impegnato nella lotta alle “ingiustizie” (sia che esse si collochino sul piano economico, fiscale o normativo) ed alle disuguaglianze, dall’altro, il mantenimento di una sicurezza pubblica intrinsecamente civile e democratica, rappresentino questioni inscindibilmente e necessariamente correlate.
E del resto la crescente marginalità delle classi deboli, l’abbandono di intere parti del territorio urbano, la progressiva proletarizzazione del ceto medio, così come la sfiducia e la disaffezione nei confronti della politica e, non da ultimo, l’indebolimento dei vincoli di coesione a livello civile e sociale, si riverberano in maniera diretta e pressoché immediata sulla sicurezza pubblica e sulla gestione dell’ordine pubblico da parte delle forze di polizia.
Fatalmente si tramutano, infatti, in “problemi di polizia” forme di dissenso e di contestazione che avrebbero potuto e dovuto essere prevenute con azioni di tipo ben diverso.

Politica delle risorse e del personale –

Dopo gli anni dei tagli lineari è venuto il tempo di fare investimenti lineari in sicurezza, spendendo meglio e senza sprechi le risorse disponibili e avendo cura anche di individuare tutte le opportunità di finanziamento che l’Unione Europea e altre organizzazioni internazionali offrono. Al riguardo è utile istituire presso il Dipartimento della Pubblica Sicurezza una direzione tecnica specializzata che consenta un’efficace razionalizzazione della spesa per iniziative di carattere tecnico e per l’acquisto e la manutenzione dei materiali (autovetture, velivoli, navi, computer, reti di comunicazione, software, ecc.).
Soprattutto nella Polizia di Stato manca, inoltre, qualsiasi forma di riconoscimento per coloro che sanno ben amministrare le risorse tecniche, finanziarie ed umane. Questa categoria di personale, anzi, è normalmente penalizzata nella carriera.
Un ruolo centrale va, poi, riconosciuto alla formazione del personale, rammentando che il concetto di formazione si connota in termini necessariamente dinamici e non può certo esaurirsi, per gli appartenenti alla Polizia di Stato, nel corso frequentato subito dopo il superamento del concorso.
La formazione richiede aggiornamento e perfezionamento periodici, al fine di assicurare la dovuta qualificazione agli operatori responsabili della gestione della sicurezza civile e democratica del nostro paese.
E’ doveroso riconoscere la giusta retribuzione al personale, ormai ferma da tre anni, che dovrebbe in maggiore misura essere mirata a premiare il merito, i risultati e l’assunzione di responsabilità.
Imprescindibile, inoltre, è riconoscere e garantire sotto un profilo sia normativo che sostanziale la specificità dei servizi svolti dal personale del Comparto sicurezza.
In tal senso dovrà essere finalmente considerata la necessità di un riordino della carriere, che ha già interessato tutto il pubblico impiego, lasciando paradossalmente indietro il personale più esposto nel garantire la sicurezza del Paese. Particolarmente penalizzati fino ad oggi sono stati i dirigenti e i direttivi delle forze di polizia, mentre le altre categorie hanno da tempo ottenuto ogni riconoscimento. Il riordino delle carriere del comparto sicurezza va finalizzato all’efficienza, col miglioramento delle professionalità e delle competenze. Il blocco del turnover degli anni scorsi ha innalzato l’età media delle donne e degli uomini delle forze dell’ordine, con gravi ricadute anche in termini di mobilità sul territorio ed è in assoluto contrasto con l’efficacia e l’efficienza dei servizi di controllo, di ordine pubblico e lotta alla piccola e grande criminalità. Per questo è indispensabile ripianare gli organici, dando lavoro a migliaia di giovani, con concorsi pubblici più snelli e procedure selettive celeri e trasparenti.

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Consapevoli del difficilissimo momento che stiamo attraversando, auspichiamo, tuttavia, che coloro che saranno a breve chiamati alla guida del Paese sappiano guardare con la dovuta attenzione e con la necessaria lungimiranza al settore che rappresentiamo, la cui funzione strategica per il progresso economico e per la tutela dei valori di democraticità e coesione sociale, oltre che per i diritti dei singoli, a dispetto di sin troppo comodi slogan di partito, sembra tristemente essere stata del tutto dimenticata.
Ed in tal senso, non possiamo fare a meno di evidenziare come un adeguato approccio ai temi dell’ordine e della sicurezza pubblica non potrà più basarsi su interventi motivati da reali o pretese esigenze emergenziali (tra cui anche quella del contenimento della spesa pubblica), poiché in assenza di un’adeguata ponderazione delle conseguenze e di una corretta valutazione delle ricadute sul territorio e sui complessivi equilibri istituzionali delineati dal legislatore del 1981, la tenuta di un sistema che ci sembra abbia oggettivamente dato ottimi frutti rischia di essere gravemente compromessa, a danno della sicurezza e, dunque, anche della libertà di tutti.

In tal senso, l’Associazione Nazionale Funzionari di Polizia manifesta sin d’ora la più ampia disponibilità a qualsiasi forma di proficua e propositiva interlocuzione.

Roma, 8 febbraio 2013

Il Segreario Nazionale
Enzo Marco Letizia

Ripresa da Agi,Adnkronos, Asca

LETTERA CANDIDATI PREMIER ELEZIONI 2013