Editoriale ANFP – 11 aprile 2006
Bernardo Provenzano: la fine della latitanza e il trionfo dello Stato di diritto
Il ricordo dell’11 aprile 2006 si imprime ancora oggi nella memoria collettiva del Paese come una delle pagine più luminose della lotta alla mafia. In quella mattina, nella campagna profonda a pochi chilometri da Corleone, si concluse una latitanza durata 43 anni: Bernardo Provenzano, l’ultimo grande reggente di Cosa nostra, veniva arrestato dagli uomini della Polizia di Stato.
A guidare quell’operazione delicata e decisiva fu il dott. Renato Cortese, oggi Prefetto, che coordinò un’équipe investigativa altamente specializzata, capace di ricostruire una rete di relazioni e segnali silenziosi fatta di pizzini, complicità e codici ancestrali. Non fu un’azione spettacolare, ma il risultato di un lavoro silenzioso, meticoloso, intelligente, che ha dato prova della forza ordinaria dello Stato e della sua capacità di affermarsi, senza strappi allo Stato di diritto.
Il casolare in contrada Montagna dei Cavalli, immerso nel silenzio dei campi siciliani, non fu solo il luogo di un arresto: divenne il simbolo della possibilità concreta di sconfiggere la mafia con la forza della legge, delle indagini e del coordinamento tra forze dell’ordine e magistratura. Quel giorno, accanto alla Polizia di Stato, operarono magistrati di altissimo profilo come Giuseppe Pignatone, Michele Prestipino e Maurizio Sabella, che condivisero la fatica e la responsabilità di un’indagine che ha cambiato la storia.
L’arresto di Provenzano dimostrò che nessuno è intoccabile, che la latitanza non è una condizione senza fine, e che la giustizia – anche se lenta, anche se faticosa – arriva. Rappresentò inoltre un colpo durissimo alla narrazione mitica e retorica della mafia invincibile, smascherando la rete di connivenze e di favori che aveva protetto per decenni l’uomo che aveva retto le sorti di Cosa nostra dopo Totò Riina.
Quella giornata segnò una svolta culturale: il mito del boss inafferrabile cedette il passo al riconoscimento della superiorità della legge. E ciò avvenne senza ricorrere a misure straordinarie o derogatorie, ma attraverso la forza investigativa ordinaria, il rispetto delle regole e la competenza delle donne e degli uomini dello Stato.
A distanza di 19 anni, l’Associazione Nazionale Funzionari di Polizia ribadisce che la lotta alla mafia si vince ogni giorno, non solo con gli arresti e le sentenze, ma anche e soprattutto con l’integrità del lavoro quotidiano, con l’investimento in formazione, con l’autorevolezza delle istituzioni e con la capacità di costruire una cultura della legalità autentica e condivisa.
L’11 aprile 2006 è patrimonio di tutti. È la dimostrazione che la mafia può essere sconfitta. Ed è, ancora oggi, il più solido argomento per credere che lo Stato, quando è unito e determinato, può arrivare ovunque. Anche là dove per troppo tempo si è creduto che la giustizia non potesse più entrare.
MAFIA: ANFP, ’19 ANNI FA ARRESTO PROVENZANO, ESEMPIO CHE STATO PUO’ VINCERE’ Roma, 11 apr. (Adnkronos) – ”Nel ricordo di una delle piu’ importanti operazioni contro la criminalita’ organizzata, l’Associazione Nazionale Funzionari di Polizia rende omaggio al valore, alla determinazione e alla competenza degli uomini e delle donne della Polizia che, all’alba dell’11 aprile 2006, posero fine alla lunga fuga del boss mafioso Bernardo Provenzano. Sotto la guida del funzionario di polizia Renato Cortese, oggi prefetto, fu individuato e catturato il reggente di Cosa nostra, il simbolo vivente della latitanza mafiosa. Dopo oltre quattro decenni di sottrazione alla giustizia, Provenzano venne arrestato nei pressi di Corleone, nella sua terra, la’ dove il mito dell’intoccabilita’ mafiosa fu infranto”. Cosi’ in una nota Enzo Letizia, segretario dell’associazione nazionale funzionari di polizia.
”Quell’operazione, frutto di investigazioni pazienti, tecnologie raffinate e di una perfetta sinergia tra Polizia di Stato e magistratura, ha dimostrato che le istituzioni possono colpire il cuore dell’organizzazione mafiosa con gli strumenti del diritto e della democrazia, senza necessita’ di leggi eccezionali – aggiunge – È anche grazie al lavoro tenace dei magistrati che affiancarono gli investigatori, come Giuseppe Pignatone, Michele Prestipino e Maurizio Sabella, che e’ stato possibile mostrare all’Italia e al mondo che la giustizia non si arresta di fronte alla paura, e che anche i capimafia devono rispondere delle proprie azioni. L’11 aprile 2006 non e’ solo una data, e’ un monito e un esempio: lo Stato, quando e’ coeso e guidato dalla volonta’ di affermare i valori costituzionali, puo’ vincere. Quella vittoria resta patrimonio di tutti i cittadini che credono nella legalita”’.
L’Associazione Nazionale Funzionari di Polizia rinnova ”il suo impegno quotidiano affinche’ quel messaggio non si affievolisca, e perche’ ogni giorno sia l’11 aprile della legalita”’