Apprendiamo con rammarico di un post di auguri pubblicato da un noto giornalista per gli 80 anni dell’ex leader di “lotta continua”Adriano Sofri. 80 anni, a dire dell’autore del post, “vissuti dalla parte giusta”.
Non intendiamo ripercorrere il complesso iter giudiziario che ha portato alla condanna in via definitiva di Adriano Sofri quale mandante, assieme a Giorgio Pietrostefani, dell’omicidio Calabresi, nè commentarne l’impegno giornalistico e letterario.
Ci preme però ribadire, nell’anno in cui ricorre il 50esimo anniversario dell’assassinio del Commissario Calabresi, che la “parte giusta” è una sola, quella delle vittime di un periodo doloroso e complesso della storia di questo Paese in cui, peraltro, le Forze dell’Ordine hanno versato un enorme tributo di sangue.
Lo dobbiamo ai familiari del Commissario Calabresi ed a tanti altri che, a causa della violenza, hanno dovuto convivere con la presenza di una sedia vuota nelle loro case.
E del resto proprio ieri, 2 agosto, nell’anniversario di quella che è stata forse la più immane tragedia di quegli anni, il Presidente Mattarella ha voluto ricordare in particolare i familiari delle vittime che hanno saputo “trasformare il dolore in impegno civile per testimoniare all’intera società che le strategie del terrore mai prevarranno sui valori costituzionali della convivenza civile” che, pertanto, “meritano la gratitudine della Repubblica”.
Oggi più che mai, di fronte alle sfide che attendono il Paese e che vedono come sempre in prima linea le Forze dell’Ordine nel garantire il rispetto dei valori Costituzionali, non possiamo permetterci di strizzare l’occhio ai “cattivi maestri”.

Enzo Marco Letizia

 

Da il Libro “Guardie” di Ansoino Andreassi e Daniele Repetto, edizioni Harpo, anno 2018

Milano 17 maggio. Due colpi di revolver, uno alla schiena, l’altro alla nuca. Così, alle 9,15 del mattino, muore Luigi Calabresi, commissario capo assegnato all’Ufficio Politico della Questura di Milano, 33 anni, sposato, due figli. Come dirà qualcuno, “Calabresi da due anni era un uomo più solo di una casa sgomberata”.

Sono trascorsi due anni e cinque mesi dalla notte del 15 dicembre 1969, quando l’anarchico Giuseppe Pinelli, fermato nel corso delle indagini sulla strage di piazza Fontana avvenuta tre giorni prima, è morto cadendo da una finestra al quarto piano della Questura di via Fatebenefratelli. Ventinove mesi durante i quali Luigi Calabresi è stato minacciato, insultato, indicato come “l’assassino” di Pinelli, anche se – come viene appurato in seguito – quella sera il commissario non si trovava nella stanza durante l’interrogatorio dell’anarchico. “Da due anni – risponde a un giornalista pochi giorni prima di essere assassinato – sto sotto questa tempesta e lei non può immaginare cosa ho passato e cosa sto passando. Se non fossi cristiano, se non credessi in Dio non so come potrei resistere…”

Alla campagna contro di lui, Calabresi prova a reagire, querela il giornale Lotta Continua, sulle cui pagine vengono pubblicate le accuse che bruciano di più. Ma ogni udienza del processo, poi sospeso per legittima suspicione, si trasforma in un nuovo atto di accusa nei suoi confronti, un calvario. Enrico Deaglio, che di Lotta Continua è stato direttore, ricorda: “Andavamo in centinaia al Palazzo di Giustizia. E’ vero, la nostra fu una campagna violentissima. Calabresi ne divenne l’oggetto per fare verità sulla morte di Pinelli. Volevamo un processo, volevamo provocarlo per creare la responsabilità di chi defenestrò l’anarchico”.

Come per la strage della Banca Nazionale dell’Agricoltura, le indagini sull’uccisione di Calabresi imboccano una falsa pista: là erano gli anarchici, qui si indaga sugli ambienti neo fascisti. Viene anche diffuso il nome del presunto killer, un giovane di San Benedetto del Tronto, figlio di un noto industriale. Un vicolo cieco, una perdita di tempo. L’omicidio Calabresi sembra destinato a rimanere senza colpevoli.

Nel 1988, sedici anni dopo, il colpo di scena: ex militante di Lotta Continua, Leonardo Marino, si presenta ai carabinieri di Rocca di Magra e si autodenuncia: sarebbe stato lui a guidare la Fiat 125 sulla quale si è allontanato il killer, che – dice Marino – era – Ovidio Bompressi, dirigente del gruppo extraparlamentare. L’ordine di uccidere Calabresi – afferma – sarebbe partito direttamente dal leader di Lc Adriano Sofri e da Giorgio Pietrostefani. Assieme agli altri tre finisce per pochi mesi in prigione, in attesa del processo che, in primo grado si conclude nel 1990 con una sentenza “interlocutoria”, nella quale Sofri è indicato come “mandante morale”. La vicenda giudiziaria sarà lunga e travagliata e avrà termine solo nel gennaio 1997 con la condanna definitiva a 22 anni per Sofri, Pietrostefani e Bompressi e a undici anni per Marino.

 

Omicidio Calabresi Anfp ‘parte giusta’ e’ quella delle vittime Omicidio Calabresi Anfp ‘parte giusta’ e’ quella delle vittime Funzionari polizia replicano a post di Gad Lerner su 80 anni Sofri Roma 3 ago. askanews – Apprendiamo con rammarico di un post di auguri pubblicato da un noto giornalista per gli 80 anni dell’ex leader di Lotta continua Adriano Sofri. 80 anni a dire dell’autore del post vissuti dalla parte giusta’ . Il segretario dell’associazione nazionale funzionari di polizia Enzo Letizia commenta cosi’ il post pubblicati oeri da Gad Lerner su Facebook. Non intendiamo ripercorrere il complesso iter giudiziario che ha portato alla condanna in via definitiva di Adriano Sofri quale mandante assieme a Giorgio Pietrostefani dell’omicidio Calabresi – aggiunge Letizia – ne’ commentarne l’impegno giornalistico e letterario. Ci preme pero’ ribadire nell’anno in cui ricorre il 50esimo anniversario dell’assassinio del Commissario Calabresi che la ‘parte giusta’ e’ una sola quella delle vittime di un periodo doloroso e complesso della storia di questo Paese in cui peraltro le Forze dell’Ordine hanno versato un enorme tributo di sangue . Lo dobbiamo ai familiari del Commissario Calabresi ed a tanti altri – prosegue il segretario dell’Anfp – che a causa della violenza hanno dovuto convivere con la presenza di una sedia vuota nelle loro case . E del resto proprio ieri 2 agosto nell’anniversario di quella che e’ stata forse la piu’ immane tragedia di quegli anni il Presidente Mattarella ha voluto ricordare in particolare i familiari delle vittime che hanno saputo trasformare il dolore in impegno civile per testimoniare all’intera societa’ che le strategie del terrore mai prevarranno sui valori costituzionali della convivenza civile che pertanto ‘meritano la gratitudine della Repubblica’. Oggi piu’ che mai di fronte alle sfide che attendono il Paese e che vedono come sempre in prima linea le Forze dell’Ordine nel garantire il rispetto dei valori Costituzionali non possiamo permetterci di strizzare l’occhio ai ‘cattivi maestri’