Oggetto: Parere su nuovo testo unificato delle proposte di legge C. 242 Fiano, C. 255 Guidesi, C. 318 Rampelli, C. 451 Bordonali, C. 705 Polverini, C. 837 Sandra Savino, C. 1121 Vito e C. 1859 Brescia, recante Disposizioni per il coordinamento in materia di politiche integrate per la sicurezza e di polizia locale.
AI SIGNORI ONOREVOLI
DELLA COMMISSIONE AFFARI COSTITUZIONALI,
DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI
Il concetto di sicurezza viene declinato diffusamente come il risultato di un sistema integrato di ordine e sicurezza pubblica, sicurezza urbana e dei territori, nel quale le politiche locali per la sicurezza interagiscono con le politiche di contrasto alla criminalità della polizia di prevenzione e di repressione dei reati, le quali sono di competenza esclusiva dello Stato.
Come ormai ampiamente dimostrato dalla gran parte degli esperti, le migliori politiche d’intervento prevedono: un attento equilibrio fra attività preventive fondate sulla collaborazione delle forze di polizia con i cittadini; il rafforzamento di un sistema scolastico che migliori la cultura generale ed in particolare l’educazione alla legalità; il miglioramento della qualità della vita ed una rigorosa applicazione della legge, a partire da un’effettiva certezza della sanzione penale nonché da un più adeguato rispetto per le vittime di reato. Più che sbandierate politiche di tolleranza zero, che spesso nascondono il nulla dietro un ipocrita “faccia feroce”, è necessario che tutti gli attori della sicurezza si sentano coinvolti affinché ciascuno concorra per quanto di sua competenza.
Per attuare corrette politiche di sicurezza sono quindi necessari un coordinamento e una collaborazione fra i diversi enti e all’interno di ciascuno di essi, in modo che le diverse e specifiche professionalità non si sovrappongono, ma al contrario, vengano arricchite dall’impegno altrui.
In questo senso non comprendiamo la mancata previsione della partecipazione del Questore, nella sua qualità di Autorità Provinciale e Locale di Pubblica Sicurezza, alle intese tra Prefetto e Sindaci, circa la rimodulazione degli interventi per la sicurezza urbana nell’ambito delle disposizioni per il rafforzamento dello scambio informativo previsto dall’art. 4 del disegno di legge di cui si discute.
Al riguardo, giova rammentare che l’art. 24 dalla legge 1 aprile 1981, n. 121 stabilisce che: “la Polizia di Stato esercita le proprie funzioni al servizio delle Istituzioni democratiche e dei cittadini sollecitandone la collaborazione. Essa tutela l’esercizio delle libertà e dei diritti dei cittadini; vigila sull’osservanza delle leggi, dei regolamenti e dei provvedimenti della pubblica autorità, tutela l’ordine e la sicurezza pubblica; provvede alla prevenzione ed alla repressione dei reati; presta soccorso in caso di calamità ed infortuni.”
La norma istituisce un preciso vincolo funzionale dell’attività di Polizia con riferimento al servizio per la collettività, in cui il modello perseguito dal legislatore del 1981, concepisce l’Amministrazione della Pubblica Sicurezza come cornice globale delle forze di polizia che sono parti di una complessa architettura istituzionale, ove il coordinamento operativo ed il controllo politico sono garantiti dallo stesso modello strutturale.
Il quadro organizzativo delle funzioni di coordinamento a livello centrale trova una sua speculare corrispondenza con le strutture territoriali, in cui è individuato come primo riferimento il Prefetto, organo di raccordo delle diverse forze di polizia, ad esse sovraordinato, qualificato come responsabile dell’ordine e della sicurezza pubblica nella provincia, ed il Questore, anch’esso autorità provinciale di pubblica sicurezza, caratterizzato dalla sua specifica competenza professionale, responsabile sul piano tecnico operativo della direzione e del coordinamento interforze per l’attuazione dei servizi di ordine e sicurezza pubblica. Inoltre, il Questore va informato tempestivamente di ogni notizia che comunque abbia attinenza con l’ordine e la sicurezza pubblica.
Perciò, non includere il Questore negli accordi per la rimodulazione degli interventi di sicurezza urbana che ha per oggetto tra l’altro “la prevenzione della criminalità, in particolare di tipo predatorio” affievolisce in misura sostanziale il ruolo, la competenza e le specificità funzionali del Questore, organo essenziale del modello di sicurezza disegnato dalla legge 121/81, ove il coordinamento rappresenta il principio fondamentale su cui poggia l’ordinamento della pubblica sicurezza.
Siamo convinti che l’unitarietà e la specificità della struttura organizzativa disegnata dal legislatore del 1981, nel rispetto delle diverse attribuzioni degli organi che lo costituiscono, siano principi incomprimibili se non si vuole correre il rischio di compromettere il modello di sicurezza che fu a suo tempo individuato per rispondere all’esigenza di adeguare, sul piano istituzionale, gli schemi e le modalità di difesa dell’ordinata e pacifica vita democratica del Paese, per il perseguimento dei fini costituzionali della tutela dei diritti, delle libertà e dei beni delle persone.
Altra importante questione riguarda la fievole terzietà e imparzialità dell’azione della Polizia Locale, infatti importanti formatori del settore, da tempo hanno denunciato l’assoggettamento al potere politico locale specie in tema di controllo all’abusivismo commerciale “che non deve intendersi unicamente come la vendita di prodotti su area pubblica da parte di soggetti, in genere extracomunitari, privi di titolo autorizzativo commerciale, ma anche quelle forme più occulte di irregolarità” nei centri commerciali e nelle aree artigianali e industriali.
Si tratta di una criticità di primaria importanza, poiché la Polizia Locale, oltre al commercio ha competenze dirette sui controlli edilizi, ambientali ed in genere su ogni attività di rilascio di licenza e concessioni da parte dell’ente comunale che sono l’oggetto principale delle corruzioni poste a base dei decreti di scioglimento dei comuni per infiltrazioni mafiose.
Infatti, il mondo delle imprese presenta molteplici profili d’interesse per le organizzazioni di stampo mafioso, che non sono solo quelli di tipo meramente estorsivo ed usuraio. L’intervento della mafia nell’economia non solo corrompe il tessuto sano dell’economia legale, alterando i meccanismi concorrenziali e gli equilibri di mercato, ma crea aree di consenso sociale all’interno delle quali si generano perversi ed innaturali rapporti, in cui sembra smarrito definitivamente il senso delle regole, rompendo il confine tra aggressore e vittima. Il crimine organizzato prima ancora d’infiltrare l’ente locale, si mimetizza incubandosi come un virus nel corpo elettorale, pronto a condizionare con le proprie pulsazioni l’azione degli amministratori locali.
Dal 1991 al dicembre 2021 sono stati sciolti per mafia 274 enti locali di cui 71 più di una volta, tra cui spiccano due capoluoghi di provincia, Reggio Calabria nell’ottobre del 2012 e Foggia nell’agosto del 2021.
Sono dati che sollecitano l’impegno di tutti gli attori istituzionali, soprattutto nella fase delicata che si sta aprendo, per la quale è fondamentale che le diverse articolazioni dello Stato – Amministrazione, unite, facciano muro di fronte al rischio che le ingenti risorse del PNRR siano intercettate dalla criminalità organizzata.
Per questo chiediamo al legislatore che intervenga nel disegno di legge in esame, affinché sia salvaguardata la terzietà e l’imparzialità dell’agire della Polizia Locale anche con la previsione di controlli esterni e di un’adeguata formazione.