La libertà di manifestazione del pensiero, costituisce uno dei principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico, eppure, questa fondamentale libertà, incontra dei limiti determinati da beni a loro volta oggetto di protezione a livello costituzionale, come ad esempio il buon costume, l’onore e la reputazione altrui, e l’ordine pubblico in senso materiale. Per di più, la legge richiede che gli appartenenti alla Polizia di Stato “non possono assumere comportamenti che compromettano l’assoluta imparzialità delle loro funzioni”.

In merito, va sottolineato che durante il dibattito nell’Assemblea costituente sull’approvazione dell’art. 98 comma 3 della Costituzione è emerso che tutte le forze di polizia devono essere considerate in modo particolare non solamente rispetto alla generalità dei cittadini, ma anche rispetto alla categoria così vasta degli impiegati, funzionari e dipendenti statali, in quanto trattandosi di una limitata categoria di essi, che esercitando un’autorità dello Stato sui cittadini, appare, rispetto a costoro, lo Stato stesso.

 Soprattutto nell’attuale contesto, caratterizzato dall’iper-comunicazione, occorre essere maggiormente consapevoli del delicatissimo rapporto con l’opinione pubblica.

E’ necessario che il poliziotto prenda coscienza che ogni suo comportamento o dichiarazione porta in re ipsa una inevitabile assimilazione all’Istituzione alla quale appartiene; per cui dichiarazioni irresponsabili o, addirittura, contra legem non solo determinano un grave pregiudizio per l’immagine della Polizia di Stato e per la sua credibilità agli occhi dell’opinione pubblica, bensì hanno risvolti diretti anche durante l’espletamento dei servizi di ordine pubblico, tanto che possono innescare turbative e violenze. Oggi, più che in passato è essenziale una gestione responsabile e consapevole della comunicazione, che dovrà garantire sempre l’assoluta terzietà ed imparzialità della funzione, in considerazione dell’impatto che le dichiarazioni degli appartenenti finiscono per avere sull’opinione pubblica, in ragione della qualificata credibilità che quelle dichiarazioni posseggono.

Le nostre dichiarazioni possono essere soggette al rischio di un’artata manipolazione della realtà, finalizzata alla creazione di posizioni di visibilità sotto il profilo mediatico che si avvalgono di un consenso irrazionale ed emotivo, che si nutre della distorsione dei fatti alimentando timori, diffidenza e disaffezione nei confronti dello Stato. Quindi, la manipolazione in ordine pubblico ha la capacità di trasformarsi in pietre scagliate contro le forze dell’ordine.

Essere i garanti dell’ordine pubblico ci impone la delicata funzione di garantire l’esercizio dei diritti costituzionali di parti che hanno idee, interessi, volontà contrapposte o diverse. Schierarsi dall’una o dall’altra parte mina gravemente il prestigio che ci deriva dall’imparzialità ed equidistanza da chi ha aspirazioni politiche, economiche e sociali. 

Siamo in uno Stato di diritto ed è nostro dovere osservare le sue regole. La Corte Costituzionale ha definito l’ordine pubblico come l’insieme dei beni giuridici fondamentali sui quali, unitamente con gli interessi pubblici primari e le leggi ordinarie, si regge l’ordinata e civile convivenza della comunità nazionale; perciò, nessuno di noi può alimentare, attraverso comportamenti o dichiarazioni viscerali ed errate, le derive irrazionali che turbano l’ordine pubblico.

Roma, 1 ottobre 2021

Enzo Letizia

EDITORIALE DEL 1 OTTOBRE 2021