vorrei soffermarmi sulla circolare promulgata il 7 giugno dello scorso anno, mio malgrado immediatamente ribattezzata dai mass media «circolare Gabrielli». Devo, purtroppo, rilevare che benché mi sia soffermato, più volte e in diversi contesti, ancora oggi non ne è chiara la reale portata.
Cercherò, dunque, di mettere in fila alcuni concetti nella speranza di chiarire i termini della questione.
In primo luogo una breve ma necessaria premessa: una circolare non può innovare o introdurre modifiche normative. Senza voler tediare i lettori con distinguo da addetti ai lavori, una circolare, per sua natura, ha unicamente la finalità di mettere ordine, collazionare le norme che regolano una determinata materia, non di introdurne di nuove. Dunque con la circolare del 7 giugno, nulla è stato innovato, bensì è stato unicamente ricostruito il quadro giuridico per individuare, in particolare, le «posizioni di garanzia» in presenza di pubbliche manifestazioni, dalla partita di calcio che richiama migliaia di spettatori alla piccola sagra di paese con poche centinaia di persone.
Perché direttore, questo è il punctum dolens e questo mi piacerebbe fosse spiegato con chiarezza ai lettori. Qualora nel corso di una pubblica manifestazione si verifichi un evento dannoso, dal banale ferimento fino alla morte di uno spettatore, l’Autorità giudiziaria è chiamata ad individuare le cosiddette «posizioni di garanzia», ovvero deve identificare su chi gravasse l’obbligo di impedire l’evento, morte o lesione che sia, e quali misure doveva porre in essere per evitarlo. Lo prevede l’articolo 40, comma 2 del nostro codice penale: «Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo». Purtroppo non è questa la sede per approfondire una tematica così complessa, ma al lettore basti sapere che la giurisprudenza è particolarmente rigorosa nell’individuazione delle misure che sarebbero dovute essere attuate per evitare il verificarsi di un evento dannoso. Se non le hai poste in essere è come se avessi cagionato l’evento.
Proviamo a calare queste premesse teoriche nella realtà. Il 3 giugno dello scorso anno a Torino, come sicuramente ricorderanno i suoi lettori, era stato montato un maxischermo in piazza San Carlo per la trasmissione di una finale di Champions League. Nell’occasione, purtroppo è morta una persona e sono rimasti feriti centinaia di spettatori. Ebbene la magistratura sta correttamente e doverosamente verificando su chi gravasse l’obbligo di impedire quel tragico evento e cosa avrebbe dovuto fare per evitare che ciò accadesse. Dunque l’Autorità giudiziaria sta accertando se vi sono ed eventualmente chi sono i responsabili di quei tragici accadimenti: nessuno, l’Autorità comunale, le Autorità di pubblica sicurezza, gli organizzatori dell’evento? Era possibile porre misure per evitare quegli accadimenti? E se era possibile, cosa si sarebbe potuto realisticamente porre in essere?
Ecco, la circolare del 7 giugno, la famigerata circolare Gabrielli, ha avuto unicamente la finalità di rispondere preventivamente a queste due domande, su chi grava l’obbligo e quali siano le misure di security e di safety da adottare per organizzare una pubblica manifestazione, peraltro in un contesto, come quello attuale, gravato da una minaccia terroristica, indistinta e indiscriminata. È evidente che una circolare con queste finalità non può avere ambizioni di esaustività.
È impossibile indicare una volta e per tutte le misure di sicurezza, poiché esse vanno necessariamente modulate alle circostanze di tempo e di spazio e al tipo di iniziativa pubblica.
Un ultimo aspetto. Il tema del «chi paga?». Ovvero su chi gravino i maggiori oneri derivanti dalle predisposizioni delle misure di sicurezza, questione che in realtà non rientra nelle mie competenze. Nel ribadire ancora una volta che, in merito, nessuna innovazione è stata introdotta, mi viene da pensare che l’unica pecca imputabile alla circolare è aver fatto chiarezza in un settore dove per troppo tempo si è, colposamente o dolosamente, fatto finta di nulla. Giocando sulle solite sfumature di grigio che spesso connotano le vicende del nostro Paese. Tranne poi a svegliarsi, dopo, in cerca dei responsabili.
E allora, caro direttore, mi consenta di condividere una lapalissiana considerazione, sulla quale son sicuro di trovare concordi anche tutti i lettori dotati di buon senso: preferisco sempre finire la mia giornata conoscendo su chi gravi un obbligo giuridico e in cosa esso consista, piuttosto che svegliarmi il giorno dopo, più o meno frastornato, per scoprire che quel soggetto ero io.
Credo che questa banale considerazione possa essere condivisa anche da chiunque organizzi un evento, soggetto pubblico o privato che sia.