“Che ognuno abbia diritto ad una morte dignitosa è un principio che condividiamo. Che lo Stato debba avere una etica superiore a quella dei suoi nemici è un concetto che ci trova assolutamente d’accordo. Tutto questo, però, non prevede e non deve prevedere che avvenga dando la libertà o anche permettendo il suo ritorno a casa in regime di domiciliari ad un criminale ancora in grado di esercitare la sua influenza in ambito delinquenziale”.
Così Enzo Letizia, Segretario Nazionale dell’ANFP, prende posizione sul caso di Totò Riina e della richiesta, ora al vaglio della magistratura di sorveglianza, di uscire dall’ambito carcerario per motivi di salute.
“Solo ai familiari delle vittime spetta la possibilità di esprimersi sul concetto di perdono o meno nei confronti del boss di cosa nostra”, spiega Letizia, “gli organi dello Stato hanno, primo fra tutti, un dovere molto pragmatico: quello di garantire la sicurezza dei propri concittadini. C’è qualcuno, mi chiedo, che oggi può, in base ad elementi di fatto, escludere che Riina non sia più in grado in alcun modo di intervenire (direttamente o per il tramite di altri) nelle dinamiche delle azioni criminali di stampo mafioso?”
“Ricordo”, prosegue il segretario dell’associazione funzionari della Polizia di Stato, “il recente omicidio di un boss mafioso proprio a ridosso dell’anniversario della strage di Capaci. Fatto che assume un valore simbolico fortissimo e che dimostra come il rischio di considerare la mafia un fenomeno sconfitto sarebbe un errore di eccezionale gravità”.
“Una morte dignitosa vuol dire una morte priva di inutili sofferenze, o di umiliazioni ingiustificate. In questo uno Stato di diritto come il nostro non può abbassarsi allo stesso livello di certi criminali che hanno commesso fatti non solo di gravità inaudita ma che hanno (loro sì) usato comportamenti inumani.” Conclude Letizia, “Ma una morte dignitosa non vuol dire una morte da uomo libero, tornando ad occupare fisicamente quei luoghi che ancora sono intrisi del sangue di troppe persone innocenti e per bene. La libertà a Totò Riina (e ricomprendiamo in questo assunto anche l’istituto della detenzione ai domiciliari) sarebbe una ingiustizia grave che lo Stato commetterebbe ai danni dei propri cittadini, un segnale pericoloso ai mafiosi ancora in libertà, un insulto alla memoria di chi non c’è più.”

Riina funzionari polizia si’ a morte dignitosa ma non da libero
AGI – Roma 6 giu. – Che ognuno abbia diritto ad una morte dignitosa e’ un principio che condividiamo. Che lo Stato debba avere una etica superiore a quella dei suoi nemici e’ un concetto che ci trova assolutamente d’accordo. Tutto questo pero’ non prevede e non deve prevedere che avvenga dando la liberta’ o anche permettendo il ritorno a casa in regime di domiciliari ad un criminale ancora in grado di esercitare la sua influenza in ambito delinquenziale. Enzo Letizia segretario nazionale dell’Associazione nazionale funzionari polizia prende posizione sul caso di Toto’ Riina all’indomani della sentenza della Cassazione. Solo ai familiari delle vittime spetta la possibilita’ di esprimersi sul concetto di perdono o meno nei confronti del boss di cosa nostra – spiega Letizia – gli organi dello Stato hanno primo fra tutti un dovere molto pragmatico quello di garantire la sicurezza dei propri concittadini. C’e’ qualcuno mi chiedo che oggi puo’ in base ad elementi di fatto escludere che Riina non sia piu’ in grado in alcun modo di intervenire direttamente o per il tramite di altri nelle dinamiche delle azioni criminali di stampo mafioso . Ricordo prosegue il segretario dell’Anfp il recente omicidio di un boss mafioso proprio a ridosso dell’anniversario della strage di Capaci. Fatto che assume un valore simbolico fortissimo e che dimostra come il rischio di considerare la mafia un fenomeno sconfitto sarebbe un errore di eccezionale gravita’. Una morte dignitosa vuol dire una morte priva di inutili sofferenze o di umiliazioni ingiustificate. In questo uno Stato di diritto come il nostro non puo’ abbassarsi allo stesso livello di certi criminali che hanno commesso fatti non solo di gravita’ inaudita ma che hanno loro si’ usato comportamenti inumani. Ma una morte dignitosa – conclude Letizia – non vuol dire una morte da uomo libero tornando ad occupare fisicamente quei luoghi che ancora sono intrisi del sangue di troppe persone innocenti e per bene. La liberta’ a Toto’ Riina e ricomprendiamo in questo assunto anche l’istituto della detenzione ai domiciliari sarebbe una ingiustizia grave che lo Stato commetterebbe ai danni dei propri cittadini un segnale pericoloso ai mafiosi ancora in liberta’ un insulto alla memoria di chi non c’e’piu’.

Riina: Funzionari Ps, boss ancora in grado di agire  (ANSA) – ROMA, 6 GIU – “Che ognuno abbia diritto ad una morte dignitosa è un principio che condividiamo. Che lo Stato debba avere una etica superiore a quella dei suoi nemici è un concetto che ci trova assolutamente d’accordo. Tutto questo, però, non prevede e non deve prevedere che avvenga dando la libertà o anche permettendo il suo ritorno a casa in regime di domiciliari ad un criminale ancora in grado di esercitare la sua influenza in ambito delinquenziale”. Lo afferma Enzo Letizia, Segretario Nazionale dell’ANFP, commentando il caso Riina. “Solo ai familiari delle vittime spetta la possibilità di esprimersi sul concetto di perdono o meno nei confronti del boss di cosa nostra”, spiega Letizia, “gli organi dello Stato hanno, primo fra tutti, un dovere molto pragmatico: quello di garantire la sicurezza dei propri concittadini. C’è qualcuno, mi chiedo, che oggi può, in base ad elementi di fatto, escludere che Riina non sia più in grado in alcun modo di intervenire (direttamente o per il tramite di altri) nelle dinamiche delle azioni criminali di stampo mafioso?”. “Ricordo”, prosegue il segretario dell’associazione funzionari della Polizia di Stato, “il recente omicidio di un boss mafioso proprio a ridosso dell’anniversario della strage di Capaci. Fatto che assume un valore simbolico fortissimo e che dimostra come il rischio di considerare la mafia un fenomeno sconfitto sarebbe un errore di eccezionale gravità. Una morte dignitosa vuol dire una morte priva di inutili sofferenze, o di umiliazioni ingiustificate. In questo uno Stato di diritto come il nostro non può abbassarsi allo stesso livello di certi criminali che hanno commesso fatti non solo di gravità inaudita ma che hanno (loro sì) usato comportamenti inumani”, conclude Letizia, “ma una morte dignitosa non vuol dire una morte da uomo libero, tornando ad occupare fisicamente quei luoghi che ancora sono intrisi del sangue di troppe persone innocenti e per bene. La libertà a Totò Riina (e ricomprendiamo in questo assunto anche l’istituto della detenzione ai domiciliari) sarebbe una ingiustizia grave che lo Stato commetterebbe ai danni dei propri cittadini, un segnale pericoloso ai mafiosi ancora in libertà, un insulto alla memoria di chi non c’è più”.

Mafia/ Caso Riina, Afnp: sì a diritto a morte dignitosa ma in carcere “Una sua messa in libertà sarebbe insulto alla memoria”
Roma, 6 giu. (askanews) – “Che ognuno abbia diritto ad una morte dignitosa è un principio che condividiamo. Che lo Stato debba avere una etica superiore a quella dei suoi nemici è un concetto che ci trova assolutamente d`accordo. Tutto questo, però, non prevede e non deve prevedere che avvenga dando la libertà o anche permettendo il suo ritorno a casa in regime di domiciliari ad un criminale ancora in grado di esercitare la sua influenza in ambito delinquenziale”. Così Enzo Letizia, Segretario Nazionale dell`Anfp, prende posizione sul caso di Totò Riina e della richiesta, ora al vaglio della magistratura di sorveglianza, di uscire dall`ambito carcerario per motivi di salute.
“Solo ai familiari delle vittime spetta la possibilità di esprimersi sul concetto di perdono o meno nei confronti del boss di cosa nostra”, spiega Letizia, “gli organi dello Stato hanno, primo fra tutti, un dovere molto pragmatico: quello di garantire la sicurezza dei propri concittadini. C`è qualcuno, mi chiedo, che oggi può, in base ad elementi di fatto, escludere che Riina non sia più in grado in alcun modo di intervenire (direttamente o per il tramite di altri) nelle dinamiche delle azioni criminali di stampo mafioso?”
“Ricordo”, prosegue il segretario dell`associazione funzionari della Polizia di Stato, “il recente omicidio di un boss mafioso proprio a ridosso dell`anniversario della strage di Capaci. Fatto che assume un valore simbolico fortissimo e che dimostra come il rischio di considerare la mafia un fenomeno sconfitto sarebbe un errore di eccezionale gravità”.
“Una morte dignitosa vuol dire una morte priva di inutili sofferenze, o di umiliazioni ingiustificate. In questo uno Stato di diritto come il nostro non può abbassarsi allo stesso livello di certi criminali che hanno commesso fatti non solo di gravità inaudita ma che hanno (loro sì) usato comportamenti inumani.”
Conclude Letizia, “Ma una morte dignitosa non vuol dire una morte da uomo libero, tornando ad occupare fisicamente quei luoghi che ancora sono intrisi del sangue di troppe persone innocenti e per bene. La libertà a Totò Riina (e ricomprendiamo in questo assunto anche l`istituto della detenzione ai domiciliari) – conclude Letizia – sarebbe una ingiustizia grave che lo Stato commetterebbe ai danni dei propri cittadini, un segnale pericoloso ai mafiosi ancora in libertà, un insulto alla memoria di chi non c`è più.”

Mafia: funzionari Polizia, ok morte dignitosa per Riina ma non libero
Roma, 6 giu. – (AdnKronos)
“Che ognuno abbia diritto ad una morte dignitosa è un principio che condividiamo. Che lo Stato debba avere una etica superiore a quella dei suoi nemici è un concetto che ci trova assolutamente d’accordo. Tutto questo, però, non prevede e non deve prevedere che avvenga dando la libertà o anche permettendo il suo ritorno a casa in regime di domiciliari ad un criminale ancora in grado di esercitare la sua influenza in ambito delinquenziale”. Così Enzo Letizia, segretario nazionale dell’Associazione nazionale funzionari di polizia, prende posizione sul caso di Totò Riina e della richiesta, ora al vaglio della magistratura di sorveglianza, di uscire dall’ambito carcerario per motivi di salute”.
“Solo ai familiari delle vittime spetta la possibilità di esprimersi sul concetto di perdono o meno nei confronti del boss di cosa nostra – spiega Letizia – gli organi dello Stato hanno, primo fra tutti, un dovere molto pragmatico: quello di garantire la sicurezza dei propri concittadini. C’è qualcuno, mi chiedo, che oggi può, in base a elementi di fatto, escludere che Riina non sia più in grado in alcun modo di intervenire (direttamente o per il tramite di altri) nelle dinamiche delle azioni criminali di stampo mafioso? Ricordo il recente omicidio di un boss mafioso proprio a ridosso dell’anniversario della strage di Capaci. Fatto che assume un valore simbolico fortissimo e che dimostra come il rischio di considerare la mafia un fenomeno sconfitto sarebbe un errore di eccezionale gravità”.
“Una morte dignitosa vuol dire una morte priva di inutili sofferenze, o di umiliazioni ingiustificate. In questo uno Stato di diritto come il nostro non può abbassarsi allo stesso livello di certi criminali che hanno commesso fatti non solo di gravità inaudita ma che hanno (loro sì) usato comportamenti inumani – conclude Letizia – Ma una morte dignitosa non vuol dire una morte da uomo libero, tornando a occupare fisicamente quei luoghi che ancora sono intrisi del sangue di troppe persone innocenti e per bene. La libertà a Totò Riina (e ricomprendiamo in questo assunto anche l’istituto della detenzione ai domiciliari) sarebbe un’ingiustizia grave che lo Stato commetterebbe ai danni dei propri cittadini, un segnale pericoloso ai mafiosi ancora in libertà, un insulto alla memoria di chi non c’è più”.

 

 

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