Signor Ministro,
i gravi disordini verificatisi sabato 7 maggio al Brennero, in occasione del corteo di anarchici ed antagonisti, organizzato per protestare contro il rafforzamento dei controlli alle frontiere austriache, suggeriscono di avviare con urgenza un percorso finalizzato all’introduzione di nuovi strumenti di carattere normativo, volti a rendere maggiormente efficace l’intervento di polizia in simili contesti.
Ancora una volta molti dei nostri colleghi sono rimasti feriti, a causa dell’inconcepibile abuso dei diritti di libertà sanciti dalla nostra Costituzione e della condotta delinquenziale di chi non si rivela in grado di contenere una pur legittima protesta nell’alveo dei limiti normativamente imposti, proprio al fine di garantire il contemperamento di esigenze contrapposte ed all’interno dei confini insiti alla stessa dialettica democratica che caratterizza lo Stato di diritto.
Del resto, solo per restare ai più recenti accadimenti, un’approfondita riflessione sulle innovazioni normative che è necessario adottare, è indotta anche dalla sentenza di condanna emessa il 12 maggio scorso dal Tribunale di Roma, nei confronti di quindici persone accusate di aver causato i gravi incidenti di piazza San Giovanni, il 15 ottobre 2011.
Si rende necessario imprimere una netta accelerazione all’approvazione delle disposizioni contenute nel d.d.l. in materia di sicurezza urbana, volte ad elevare da semplice contravvenzione a delitto il comportamento di chi fa uso di caschi protettivi o di altri mezzi che rendono impossibile o difficile il riconoscimento, prevedendo la pena della reclusione da 2 a 5 anni e la multa da 1.000 a 5.000 euro. La stessa pena viene stabilita per chi lancia o utilizza razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi, strumenti per l’emissione di fumo o gas visibile, ovvero bastoni, mazze, scudi, materiale imbrattante o inquinante, oggetti contundenti o atti ad offendere. Per queste ipotesi e per tutti i reati per i quali è oggi previsto l’arresto obbligatorio o facoltativo ai sensi degli artt. 380 e 381 del c.p.p., le nuove disposizioni introducono la possibilità di disporre l’arresto differito.
Ed ancora, approfittando proprio del nuovo provvedimento normativo, riteniamo sia giunto il momento di introdurre un’apposita misura di prevenzione di tipo interdittivo, sul modello del DASPO, anche per le manifestazioni pubbliche, al fine di integrare l’attuale apparato normativo, arricchendolo con tale nuovo strumento, considerato che l’uso della forza deve sempre e comunque essere considerato come un’extrema ratio.
Oggi il giudizio sulla pericolosità è ancorato agli elementi di cui all’art. 1 del d. lgs. 6 settembre 2011, n. 1591, che non sono stati concepiti, né successivamente ampliati o adattati con specifico riguardo ai rischi ed alle condotte rilevanti nell’ambito delle manifestazioni pubbliche (si tratta di un impianto che risale all’abrogata l. 27 dicembre 1956, n. 1423).
All’evoluzione legislativa che ha positivamente caratterizzato il settore delle manifestazioni sportive non si è, fino a questo momento, accompagnata una speculare modifica del settore riguardante le manifestazioni pubbliche.
Eppure sono chiaramente emerse condotte criminali che hanno assunto nel tempo un disvalore ed una pericolosità sempre crescenti, specie alla luce delle vere e proprie strategie e pianificazioni di tipo “paramilitare”, che rivelano un’organizzazione capillare ed una capacità di azione favorita proprio dall’utilizzo di strumenti che consentono di occultare la propria identità (si pensi ai black bloc).
E’, quindi, necessario che anche il diritto si adegui al mutato contesto, così da consentire alle Forze di Polizia, impegnate nei servizi di o.p., di svolgere efficacemente il proprio intervento, anche nei contesti più critici.
Alleghiamo alla presente una proposta di modifica della legge 13 dicembre 1989, n. 401.
Del resto, assai interessanti si rivelano in tal senso i principi affermati dal Consiglio di Stato, Sez. VI, 16 dicembre 2010, n. 9074, in tema di divieto di accesso alle manifestazioni sportive (c.d. “DASPO”) previsto dall’art. 6, comma 1, della legge 13 dicembre 1989, n. 401, il cui ambito di applicazione è stato ampliato con il decreto legge 8 febbraio 2007 n. 8.
Nell’originario testo della norma, infatti, la misura del DASPO era prevista testualmente nei confronti delle persone che “risultano denunciate o condannate anche con sentenza non definitiva nel corso degli ultimi cinque anni per uno dei reati di cui all’articolo 4, primo e secondo comma, della legge 18 aprile 1975, n. 110, all’articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, all’articolo 2, comma 2, del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, (( all’articolo 6-bis, commi 1 e 2, e all’articolo 6-ter )), della presente legge, ovvero per aver preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza”.
Con il citato d.l. n. 8 del 2007 è stata aggiunto allo stesso comma 1, il seguente periodo: “Il divieto di cui al presente comma può essere, altresì, disposto nei confronti di chi, sulla base di elementi oggettivi, risulta avere tenuto una condotta finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive o tale da porre in pericolo la sicurezza pubblica in occasione o a causa delle manifestazioni stesse”.
Alla luce di tale modifica, come osservato da autorevole dottrina, il C.d.S. ha pertanto avuto modo di affermare che:
1) la misura del divieto di accesso ad impianti sportivi (DASPO) può essere disposta non solo nel caso di accertata lesione, ma anche in caso di pericolo di lesione dell’ordine pubblico, come ad esempio a fronte di semplici condotte che comportano o agevolano situazioni di allarme e di pericolo. Ai fini dell’applicazione di tale misura, quindi, non è necessario un oggettivo ed accertato fatto specifico di violenza, ma basta che il soggetto, sulla base dei suoi precedenti, non dia affidamento di tenere una condotta regolare. Si tratta di un accertamento che resta incensurabile, ove adeguatamente motivato avuto riguardo a circostanze di fatto specifiche;
2) l’archiviazione del procedimento penale per gli stessi fatti che hanno dato luogo all’emissione di un provvedimento di DASPO è irrilevante, non solo in base al principio secondo cui “tempus regit actum”, ma anche perché “il parametro valutativo affidato all’Amministrazione non è condizionato al positivo vaglio penalistico sulle condotte, atteso che anche una condotta non integrante una fattispecie di reato può essere idonea a creare pericoli per l’ordine pubblico negli stadi, ovvero innescare condotte violente”.
Grati sin d’ora per la Sua attenzione, porgiamo i più cordiali saluti.
All. 1
Lorena LA SPINA